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Ilaria Salis, il piano per farla tornare in Italia: domiciliari e braccialetto. In Ungheria ad ogni udienza

Ilaria Salis potrebbe presto tornare in Italia per finire agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. Con la promessa di ritornare in Ungheria per ogni udienza del processo. A questo piano starebbe lavorando il ministero della Giustizia e gli avvocati della 39enne, già in contatto con i giudici di Budapest da sempre poco propensi ad allentare le misure cautelari proprio perché temono un pericolo di fuga. 

Il caso è politico ed è simile a quello che venne attuato in Egitto per far liberare il ricercatore dell’università di Bologna Patrick Zaki. Servirà una nota scritta all’Ungheria e il rispetto effettivo delle condizioni dato che l’ultima parola spetterà ai giudici di Budapest. 

L’ipotesi di attendere la condanna prevede tempi troppo lunghi. La prossima udienza del processo in cui Ilaria comparirà di nuovo in catene e al guinzaglio è prevista per maggio. Le ulteriori udienze dovrebbero svolgersi in autunno e riguarderanno il famoso video in cui comparirebbe Salis che aggredisce insieme ad altre persone un neonazista.

L’uso del braccialetto elettronico per il controllo degli arresti domiciliari, in teoria dovrebbe bastare a convincere i giudici ad accogliere le istanze finora respinte per tre volte. I contatti tra i giudici e gli avvocati della docente italiana sono già in corso. 

Ilaria Salis, le parole della Meloni

La premier Meloni, a proposito della vicenda ha detto che serve l’esigenza di rispettare la “dignità” di Ilaria Salis, oltre a garantire “un rapido e giusto processo”. Ma riguardo al trattamento e alle procedure seguite toccherà rispettare i protocolli che vigono in altri Stati sovrani come è l’Ungheria. 

Il padre: “In Ungheria c’è un problema di sicurezza, minacce a mia figlia”

Roberto Salis, il padre di Ilaria, a Prima di domani, il programma in onda su Retequattro e condotto da Bianca Berlinguer, ha spiegato: “Condivido la preoccupazione della presidente Meloni a proposito delle tempistiche del processo. Anche noi, quando abbiamo sentito che la prossima udienza sarà a maggio, ci siamo sopresi. Il processo sarà fatto in Ungheria, speriamo in tempi più brevi, cercando di far superare ai giudici ungheresi il timore che il pericolo di fuga può essere controllato in Italia come in Ungheria”. A dirlo è Roberto Salis, il padre di Ilaria. 

Che aggiunge: “In Ungheria c’è un problema di sicurezza. Ho sentito messaggi allarmanti in proposito. Vorrebbero ridurla in sedia a rotelle e cose del genere. Sono messaggi su chat di Telegram in ungherese che riportano queste espressioni. Agli arresti domiciliari in Ungheria non sarei tranquillo. E poi chi va ai domiciliari deve avere qualcuno che si occupa di lui e se mi sposto con mia moglie non vorrei essere preso a sprangate da qualche ceffo. Credo che in Ungheria ci sia una situazione di sicurezza che non va trascurata, la violenza di estrema destra è tollerata ed è molto forte più di quella di sinistra che non è accettata”.

Il padre di Ilaria è rientrato ieri sera in Italia dopo aver incontrato la figlia detenuta a Budapest.

Il foglio che hanno fatto firmare ad Ilaria Salis

E c’è infine il caso del misterioso foglio che hanno fatto firmare all’insegnante rinchiusa in carcere a Budapest. L’avvocato di Ilaria Salis, Eugenio Losco, spiega che alla 39enne è stato fatto firmare un foglio scritto in ungherese: “Mi è sembrata molto allarmata per quello che sta succedendo” spiega l’avvocato Losco che ritiene “sia in atto un tentativo di dimostrare che in realtà le condizioni detentive sono normali e che non sta subendo un trattamento disumano”. Le hanno fatto “domande molto pressanti”, aggiunge il legale, spiegando che “le è stato praticamente ordinato di firmare quel foglio” e “lei non è stata in grado di opporsi”. Il timore di Ilaria Salis “è che non abbiano trascritto le sue parole in quel foglio.” 

A tal proposito, Roberto Salis spiega: “Cercheremo di capire cosa le hanno fatto firmare. E’ un periodo che sta ricevendo molte visite dalla polizia penitenziaria, probabilmente è una loro procedura, ma sarebbe opportuno avere almeno una versione in inglese di questi documenti in modo che chi firma sa cosa sta firmando. Questa notizia l’abbiamo avuta oggi, ma me ne aveva accennato. La procedura non va bene, il modo non è corretto. E sbagliato fornire documenti che chi firma non capisce”. 

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Lorenzo Briotti

Sono nato a Roma nel 1974 e sono giornalista professionista. Le mie grandi passioni sono la musica rock degli anni 60 e 70 e la radio a cui ho dedicato anche un libro. A Blitz sono arrivato due mesi dopo l’apertura e per diversi anni mi sono occupato di multimedia. Credo fermamente che l’intelligenza artificiale e il social di turno non riuscirà mai a distruggere la nostra splendida professione.

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