Incendio sul Gra. Francesco Sandrelli aveva 53 anni ed è morto dopo un mese di agonia in ospedale. La sua auto, una Volkswagen Golf, ha preso fuoco per un corto circuito sul Grande Raccordo Anulare di Roma all’altezza di Casal del Marmo. Viveva in provincia di Arezzo ed è deceduto in ospedale a causa delle ustioni riortate un mese dopo, il 24 marzo scorso. La vicenda è avvenuta il 6 febbraio intorno alle 12 ed è diventata famosa per un video pubblicato su “Welcome to Favelas”, la pagina social che racconta il degrado delle città italiane pubblicando video ed informazioni inviate dai cittadini. Filmato prima pubblicato e poi rimosso dagli amministratori della pagina.
Nel video si vede Sandrelli che scende dall’auto con gli abiti in fiamme. Come raccontato nei giorni scorsi anche da Blitz Quotidiano, qualcuno ha ripreso la scena senza intervenire. Il video è stato condito da frasi di scherno: “A zi hai pijato foco? ….. Senti che callo mamma mia”. Il passeggero che è accanto a lui aggiunge: “Questo lo mandiamo a Welcome to favelas”.
Secondo i parenti, la morte del loro caro è stata provocata dall’omissione di soccorso dell’automobilista. Se l’uomo, invece di filmare fosse intervenuto o avesse chiamato i soccorsi, forse ora Francesco Sandrelli ce l’avrebbe fatta. E deve aver fatto lo stesso ragionamento la pubblica ministera Clara De Cecilia che, in totale autonomia, ha deciso di aprire un fascicolo contro ignoti.
I parenti di Francesco raccontano a La Stampa (che pubblica anche una foto dell’uomo) , che una chiamata immediata avrebbe potuto rendere più tempestivo l’intervento dell’elicottero del 118 che ha poi trasportato l’uomo all’ospedale Sant’Eugenio in codice rosso. Maria, sorella di Sandrelli racconta che “è stato un comportamento riprovevole. Oggi siamo noi quelli a cui tocca vivere questa situazione. Ma in altri casi analoghi è successo esattamente lo stesso”.
La donna prosegue: “Questa indifferenza è anche figlia di una società che attraverso i social media spettacolarizza tutto. Le persone perdono le coordinate tra la verità e la finzione. Non avendo gli strumenti per capire, non si rendono neanche conto di quello che stanno facendo. O meglio, io spero non se ne siano resi conto, altrimenti sarebbe ancor più grave. Inumano, direi”.
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