Marco è solo un nome di fantasia, usato per tutelare un giovane romano che si è trovato ad affrontare una situazione delicata, in cui forse non avrebbe mai immaginato di trovarsi nel suo percorso di transizione da donna a uomo. Stava per affrontare l’intervento di rimozione di utero e ovaie, quando è emerso il suo stato di gravidanza al quinto mese. Eppure, come si legge su La Repubblica, “un corpo biologicamente femminile sottoposto a terapia ormonale con testosterone, non dovrebbe poter essere fecondabile”.
Marco non è un imprevisto
In questo caso, scrive sul quotidiano Josephine Yole Signorelli, in arte “Fumetti Brutti”, punto di riferimento della comunità transgender italiana, è più corretto parlare di paternità , non di maternità o al massimo genitorialità . L’artista ci ricorda che i corpi transgender, così come tutti gli altri corpi, finché non operati, possono procreare. Il fatto che si stia decidendo in quale struttura portare Marco, dimostra quanto gli sopedali e forse la società stessa non siano ancora pronti a trattare casi come questi. “Non siamo imprevisti”, scrive Signorelli.
La delicata questione dell’interruzione di gravidanza
Scoperta la gravidanza già al quinto mese, per Marco teoricamente non ci sarebbe possibilità di interruzione, neanche in ambito terapeutico. La gravidanza, spiega Repubblica, sarebbe il frutto di un rapporto volontario con un uomo. Ma a fronte del percorso ormonale intrapreso, sembrava davvero impossibile potesse accadere quanto si è verificato. “Ci troviamo di fronte a una nuova frontiera e non sarà facile comprenderla. Ma la transgenitorialità già esiste, in particolare negli Stati Uniti, dove i figli di maschi transgender sono ormai un discreto numero”, spiega a Repubblica Matilde Vigneri, psichiatra e psicoanalista, consulente dell’ambulatorio di Disforia di Genere dell’università di Palermo.
“Se la gravidanza di Marco andrà avanti – aggiunge – per la legge Marco si ritroverà ad essere madre biologica e padre legale, madre perché partorirà un figlio, padre perché all’anagrafe ha ormai un’identità maschile. Sì, sarà uno choc, da noi sono ancora senza diritti le famiglie omogenitoriali, figuriamoci un bambino che nasce in una condizione così speciale. La situazione di Marco costringerà però l’Italia, ben oltre i paletti politici e giuridici, a confrontarsi e anche con questa nuova forma di maternità ”.