L’ascesa e il declino dell’Impero romano sono ‘scritti’ negli antichi pollini preservati nei sedimenti in fondo al mar Tirreno: recuperati attraverso un carotaggio nel golfo di Sant’Eufemia, in Calabria, rivelano l’evoluzione della vegetazione della zona, condizionata dalle comunità che l’hanno abitata negli ultimi 5.000 anni. Lo studio è pubblicato sulla rivista The Holocene dall’Università Federico II di Napoli in collaborazione con l’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero del Consiglio nazionale delle Ricerche (Iamc-Cnr) e l’Università della Campania Luigi Vanvitelli.
La storia dell’Impero romano nei pollini in fondo al Tirreno
I ricercatori sono riusciti a estrarre importanti quantità di antichi pollini e spore dai sedimenti marini (fino a 12.000 granelli per grammo di materiale) e attraverso studi al microscopio hanno identificato ben 72 specie vegetali differenti.
Le analisi rivelano che tra 5.000 e 2.700 anni fa la regione era ricoperta da una densa foresta; successivamente, tra 2.700 e 2.000 anni fa, la vegetazione è diminuita causa della siccità; infine, negli ultimi 790 anni, si è verificata un’importante deforestazione accompagnata da una pratica intensiva dell’agricoltura.
Com’è cambiata la vegetazione e il suo uso in 5000 anni
Queste tre fasi distinte possono essere collegate alle vicissitudini degli umani che hanno colonizzato l’area nel corso dei millenni. In particolare, la prima fase corrisponde al tempo delle popolazioni pre-protostoriche, che avrebbero abitato nelle foreste localizzate nel promontorio di Tropea: potrebbero aver vissuto anche i primi segni del cambiamento climatico, che successivamente ha provocato tre lunghi periodi di siccità durati centinaia di anni.
La fase di riduzione delle foreste corrisponde all’ascesa degli antichi Greci (VII-V secolo a.C.) e poi dei Romani (III-II secolo a.C.), con i quali sono aumentate le coltivazioni di cereali, lattuga e cicoria. L’aumento della popolazione è confermato anche dalla maggiore abbondanza di micro carboni nei sedimenti, probabilmente prodotti dal fuoco usato per cucinare e riscaldarsi. Nella terza e ultima fase, l’ampia deforestazione ha destabilizzato il suolo e aumentato il deflusso delle acque, come dimostra l’aumento del tasso di deposizione dei sedimenti.
I ricercatori sottolineano inoltre che durante il VI secolo d.C., il cambiamento del tasso di sedimentazione è molto probabilmente legato al crollo dell’Impero Romano d’Occidente nella regione, con un improvviso declino della gestione del territorio. Ciò è ulteriormente supportato da una riduzione dei micro carboni trovati nei campioni nonché dalla diminuzione del polline degli abeti: questi alberi erano ben gestiti dai Romani, ma dopo il loro declino vennero abbattuti in grandi quantità per il legname.