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La storia di Ciccio e Tore, i fratellini di Gravina e quella morte misteriosa nel pozzo

La storia di Ciccio e Tore, ovvero Francesco e Salvatore Pappalardi, i due fratellini di 13 e 11 anni morti dopo essere scomparsi misteriosamente a Gravina di Puglia. I loro corpi vennero ritrovati per caso all’interno di un pozzo in un enorme casolare abbandonato del centro storico. Il ritrovamento dei corpi senza vita è avvenuto il 25 febbraio 2008. Ciccio e Tore, così venivano chiamati affettuosamente i due ragazzini, erano scomparsi nel giugno 2006 dalla cittadina che dista 40 chilometri da Bari dopo che da 20 giorni erano andati a vivere con il padre.

I genitori si erano separati dal 1997 e il Tribunale per i minorenni di Bari aveva affidato i due ragazzi al papà che viveva ormai da tempo con la nuova compagna Maria. In casa, oltre al padre, Maria, Ciccio e Tore, c’erano anche le due figlie adolescenti di lei e una bimba di 3 anni nata dalla loro unione. La sorella più grande dei due fratellini scomparsi era rimasta invece a vivere con la mamma Rosa che si era rifatta una vita a Santeramo in Colle con il nuovo compagno 60enne. La scomparsa avvenne nel pomeriggio del 5 giugno 2007. I due ragazzi uscirono a giocare e non tornano più a casa. Alle 23,50 il padre ne denuncia la scomparsa al commissariato. Le volanti partirono alla ricerca dei due bimbi, ma senza successo.

Malgrado, nel paese, si parli di pedofili e di nomadi che rapiscono i bambini, i due genitori cominciarono a sospettare l’uno dell’altro. Gli inquirenti iniziarono ad indagare sui due ex coniugi, un padre descritto come violento e collerico e una madre descritta come esasperata. C’era un particolare che colpisce chi indaga. La sera del 5 giugno, il cellulare del padre dei due ragazzini era risultato spento per diverse ore. Perché spegnere lo smartphone proprio nel momento in cui si cominciò a cercare i due bambini? Questo dettaglio indirizzò le indagini verso il padre 41enne che a novembre 2007 venne arrestato con l’accusa di sequestro di persona, di duplice omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela e di occultamento di cadavere.

L’ipotesi era che i due fratellini avessero disobbedito e che il padre avesse reagito con rabbia. Si tratterebbe quindi di una punizione sfuggita di mano all’uomo. Il papà, autotrasportatore, finì in carcere e ci restò fino al 4 aprile 2008.  Nell’agosto del 2006 intanto, tre ragazzini riferirono agli inquirenti di aver giocato con Ciccio e Tore la sera della scomparsa, tra le 20,50 e le 21,50. I ragazzi si sarebbero lanciati dei palloncini pieni d’acqua a piazza delle Quattro Fontane, nel centro storico della cittadina. Uno dei ragazzini raccontò che i fratellini sarebbero poi saliti sull’auto del padre. Gli altri ragazzini presenti quella sera non confermarono però questa storia. Nel frattempo un altro terribile sospetto emerse durante le indagini: il 29 agosto, il compagno di Rosa venne arrestato con l’accusa di violenza sessuale su una 15enne.

Il 25 febbraio del 2008 i corpi di Ciccio e Tore vennero trovati in un pozzo. L’autopsia confermò che non avevano subìto maltrattamenti: erano morti di stenti sul fondo del pozzo dove erano precipitati. Ciccio morì per primo per l’emorragia causata dalla caduta. Tore era sopravvissuto al fratellino per diverse ore. Il papà dei piccoli venne scagionato ad aprile dello stesso anno e l’inchiesta fu definitivamente archiviata anni dopo, nell’aprile 2016.

Sul fondo del pozzo era stata poi ritrovata una batteria di un cellulare Motorola che non si sa se sia o meno appartenuta a qualcuno coinvolto in questa vicenda. Il padre venne risarcito con la somma di 20mila euro per l’ingiusta detenzione. Lo Stato gli diede poi altri 45mila euro per i danni esistenziali. Mamma Rosa continuò a sostenere che quella sera Ciccio e Tore fossero in compagnia di altri ragazzini che avrebbero nascosto quello che sapevano. I ragazzi si potevano salvare, stando a quello che ha sempre raccontato la madre. 

Lorenzo Briotti

Sono nato a Roma nel 1974 e sono giornalista professionista. Le mie grandi passioni sono la musica rock degli anni 60 e 70 e la radio a cui ho dedicato anche un libro. A Blitz sono arrivato due mesi dopo l’apertura e per diversi anni mi sono occupato di multimedia. Credo fermamente che l’intelligenza artificiale e il social di turno non riuscirà mai a distruggere la nostra splendida professione.

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