La storia e la morte di Maria Chindamo, imprenditrice e mamma di 42 anni, rapita e fatta sparire il 6 maggio 2016 di fronte alla sua tenuta agricola di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia, è la storia di una donna che si era ribellata alla ‘ndrangheta e che per questo si attirò la vendetta dei clan. La sua morte, raccontò l’ex procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri parlando dopo un’operazione che portò all’arresto di più di ottanta persone, “ci ha impressionato, perché questa donna dopo il suicidio di suo marito, avvenuto un anno prima, ha pensato di diventare imprenditrice, di curare gli interessi della terra, di curare i figli e affrancarsi da quel modus operandi e quella mentalità mafiosa. Non le è stata perdonata questa sua libertà, questa sua voglia di essere indipendente, di essere donna”. Una morte straziante, quella di Maria Chindamo. Racconta Gratteri: “È stata data in pasto ai maiali, e i resti sono stati poi macinati con un trattore cingolato. Questo vi dà il senso della rabbia che chi ha ordinato l’omicidio aveva nei confronti di questa donna, che non si poteva permettere il lusso di rifarsi una vita, gestire in modo imprenditoriale quel terreno, poter curare e far crescere i figli in modo libero uscendo dalla mentalità mafiosa”.
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