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Ladri e coltelli a Termini: gli impuniti. Coach pedofili negli sport: gli impunibili

Due fatti di cronaca, entrambi attestano, ciascuno a suo modo, una collettiva impotenza rispetto al tristo collettivo vivere. A Roma, alla stazione Termini e dintorni soprattutto a sera ma anche con la luce del giorno stazionano e operano borseggiatori, truffatori e ladri, ladri al coltello. Coltello che se non ti lasci rapinare con calma e devozione e rispetto verso i ladri, i ladri te le infilano nella pancia, nell’addome, in un braccio. I ladri che ti accoltellano, forse per paura, forse per sovra eccitazione, forse perché strafatti, forse per sfregio. E’ successo ancora: un uomo rapinato e accoltellato. Tre coltellate, a fargli male davvero. Infatti rischia la vita in ospedale. Era successo poco tempo fa con una ragazza. Può succedere ogni sera a Termini e dintorni. Non succede ogni giorno ma ogni giorno e notte può succedere, va messo nel conto dell’andare a Termini.

Panico, allarmismo? No, sereno realismo

Niente panico e impanicato urlare securitario: andare alla stazione Termini di Roma non equivale ad essere rapinato e accoltellato. Però sereno e lucido e compassato realismo dice che può succedere, quindi che “ti” può anche succedere. Ma questo, paradossalmente, è il meno. Può succedere in altre stazioni, altre città, altre stazioni di altre città in altri paesi. Il più e il peggio al quale pare ci si debba rassegnare è che ai ladri al coltello a stazione Termini e dintorni ci si debba acconciare. Perché nulla e nessuno riesce a toglierli di lì. O meglio: li togli, se li togli, e poi quelli tornano. Sono di fatto impuniti i ladri al coltello o meno a Stazione Termini e dintorni. Qualcosa rende impossibile una vera bonifica. Già se usi la parola bonifica rischi l’accusa di non capire che è disagio sociale, questione complessa, non solo di ordine pubblico. E poi, bonifica? Sono esseri umani!

Forse le fattispecie dei reati e relative pene di legge. Forse l’attività di polizia che somiglia tanto allo svuotare, se non un mare con un secchio, di certo una casa allagata con un secchiello. Forse, soprattutto, la conclamata impotenza che esponenzialmente produce impotenza. Gli ultimi tre ladri accoltellatori erano già delinquenti noti, avevano già commesso reati. Eppure  erano lì, ad accoltellare e forse uccidere per venti euro e un telefono. Tre magrebini perché il dato non va esaltato ma neanche occultato. Tre, come altri, di fatto impuniti. Perché la società civile, mica solo lo Stato, non ce la fa a punirli, non ce la fa a bonificare stazione Termini e dintorni. E, più che arrendersi, si abitu a alla sua impotenza. Con sereno e freddo realismo va constatato come si sia come collettività impegnati da tempo a praticare poco e nulla la compassione e anche e insieme pochissimo e meno che nulla la repressione. La dimensione più attinta e cara è il lamento e la solidarietà di…prossimità. Perché non ci soo solo gli impuniti. Ci sono gli impunibili.

Il coach e i minorenni, già cinque anni fa…

Il secondo fatto di cronaca, cronaca delle nostre impotenze: arrestato un maestro, istruttore, allenatore, coach chiamatelo come preferito. Stavolta di basket, ma la disciplina sportiva di per sé non c’entra. Succede anche altrove e succede spesso. Il coach arrestato e portato in cella (non ai domiciliari) per reati sessuali su minorenne. Quattordici anni. Il coach arrestato ne ha 55 di anni. Se volete provare un po’ di ribrezzo, non trattenetelo. Il coach chiamava nella sua “foresteria” con la menzogna di massaggi fisioterapici e declinazioni di strategie di gioco. Ma questo, paradossalmente, è il meno. E il più e il peggio non è che in molti sapessero e sospettassero. L’omertà mascherata dal farsi i fatti propri è una coltivata tentazione e diffusa strategia. Il più e il peggio è che già cinque anni fa il coach pedofilo era stato condannato con sentenza definitiva per reati sessuali a danno di minori.

Il più e il peggio è che, incurante di queste sentenze, una società di basket il coach pedofilo lo avesse tra i suoi collaboratori, gli concedesse uso della foresteria e gli avesse affidato l’incarico di scovare giovanissimi talenti del basket tra i ragazzini dell’Europa dell’Est. Le tre scimmiette del non vedo, non sento, non parlo non raggiungono le performance dell’ambiente, dell’habitat che prolifera sotto la sub e pseudo cultura della fratellanza di spogliatoio e di campo. La copertura di lobby non è solo omertosa, è copertura attiva. Altrimenti non si manderebbe a cercare ragazzini un condannato già cinque anni fa per reati sessuali a danno di minori. Facendone degli impunibili. Ogni lobby, ad ogni longitudine e latitudine della nostra società, crea e protegge i suoi impunibili. E ci tiene a farlo.

Mino Fuccillo

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