“Vogliamo giustizia per nostra sorella, non si è suicidata. Il caso deve essere riaperto: vogliamo la verità”. È questo l’appello lanciato da Elisabetta, Anna e Gioele Murgia, sorelle e fratello di Manuela, una ragazza di 16 anni trovata morta il 5 febbraio del 1995 nella gola di Tuvixeddu, a Cagliari. All’epoca il caso fu archiviato come suicidio ma per la famiglia non c’è dubbio: per loro Manuela è stata uccisa.
Il 5 febbraio del 1995 Manuela uscì dalla sua abitazione nel quartiere Is Mirrionis, in cui viveva con i genitori e tre fratelli, e si allontanò a mezzogiorno senza fare più ritorno. Il corpo fu ritrovato il giorno dopo nella gola di Tuvixeddu.
Le indagini all’epoca, come scrivevano i magistrati nel fascicolo, non riuscirono “ad accertare le circostanze e le cause della morte della Murgia”, lasciando aperte diverse ipotesi: “evento accidentale, dolo di terzi o addirittura investimento stradale colposo con successivo occultamento del cadavere”.
Elisabetta, Anna e Gioele chiedono che il caso venga riaperto e vengano effettuate nuove indagini, tenendo conto delle nuove tecniche investigative. Per farlo si sono rivolti a un pool di esperti: ne fanno parte la criminologa Maria Marras, lo studio legale Bachisio Mele, l’avvocata Giulia Lai, medici, anatomopatologi, periti tecnici e ingegneri forensi.
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