Marco Santacatterina porta, anzi portava pizze a domicilio. Nei fine settimana soprattutto, gli altri giorni soprattutto studiava. A quasi venti anni in quel di Vicenza, un rider dalla pelle bianca. Emanuela Calzarano di anni ne ha quasi trenta, un titolo di studio ce l’ha e mezzi lavori non li rifiuta, anzi li cerca. In quel di Pianura, cioè Napoli. La provincia veneta e la conurbazione campana, habitat socio-economico-culturali assai diversi. Eppure le storie minime di Marco ed Emanuela sono in qualche modo parallele, parallele nella direzione che porta ad una massiccia caratteristica comune: il disvelamento della retorica che copre e fa da palo alla mala gente che dà mal lavoro. Per dirla meglio, con le parole di Emanuela, “cercano schiavi”.
Bisogna essere grati al gestore della pizzeria per cui Marco portava le pizze, grati per averci mostrato di cosa è anche fatta, al fondo della sua identità socio culturale, la cosiddetta “gente”. Marco manda un messaggio al suo “padrone”, definirlo datore di lavoro è parola grossa e nel caso impropria. Il messaggio di Marco è: questo fine settimana non ci sono, vado ad aiutare in Romagna. Il “padrone” si offende, trasale, quasi si indigna: ma come, “monate” tipo il volontariato, gli alluvionati, lo spalamento del fango, prima e sopra del valore supremo della pizza nel week-end? Pizza e fine settimana sacralizzati dal loro unirsi e moltiplicarsi tra il venerdì e la domenica, nel segno e a gloria della clientela, degli affari, degli incassi.
Ma come, disertare la mobilitazione, l’unica doverosa e che abbia un senso, per la consegna pizza, a maggior gloria della “bottega”, per andare a sprecare tempo in pagliacciate quali partecipare ad una azione per una cosa fuffa e muffa come l’interesse pubblico? Ma come si fa a fare simile sacrilegio di fronte a santa bottega che celebra la sua messa solenne nel fine settimana? A Marco arriva la sferzante risposta: “Mi fai ridere, buffone”. Bisogna essere grati a chi ha così risposto a Marco, ci ha mostrato cosa c’è, spesso e volentieri, sotto e dietro la retorica sulla brava gente che lavora e dà lavoro. C’è mala gente e malo lavoro. Il tutto servito e guarnito di spessore umano e culturale, civico e civile non più alto della crosta di una pizza. C’è l’etica, se così si può dire, di chi considera immorale andare a spalare fango in Romagna invece di portare pizze e far fare fatturato.
Ad Emanuela racconta il Corriere della Sera pare abbiano offerto qualche ora da baby sitter, non direttamente una famiglia ma una sorta di agenzia più o meno informale. Offerta di lavoro corredata da retribuzione: un euro l’ora. Probabilmente con il benefit di bicchiere d’acqua gratuito durante il servizio. Si stenta a credere ma dieci euro per una mezza giornata di baby sitteraggio non sono offerta inconsueta. E poi che fa, signorina, rifiuta? Il più non è l’euro l’ora come paga, il più è lo stupore, anche qui non privo di sgomento incredulo, per la non accettazione dell’euro meglio uno che zero. Ad Emanuela che diceva no al lavoro un euro l’ora chi glielo “offriva” ha replicato con un paternalistico, realistico e intimidatorio: che fa, resta a casa? Anche qui, un sentito grazie al diciamo datore di lavoro. Anche qui ci è stato mostrato cosa c’è dietro la retorica sulla brava gente che lavora e dà lavoro. Cercano schiavi volenterosi e consapevoli della loro condizione e non vogliono buffoni che perdano tempo con idiozie quali aiutare gli alluvionati.
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