“La dimostrazione che lo stato ha vinto e soprattutto che non è colluso ma ci tengo a ringraziare molto anche i carabinieri. Confesso che questa mattina quando ho appreso la notizia dell’arresto mi sono emozionato, io per fortuna sono qui e posso essere testimone di questa giornata storica, al tempo sono sfuggito al peggio per miracolo, lo sappiamo ma sono passati tanti anni e le cose sono cambiate, appartiene al passato”.
Maurizio Costanzo risponde così interpellato dall’agenzia Ansa alla cattura a Palermo del superlatitante Matteo Massina Denaro.
Il giornalista e conduttore, nel maggio del 1993 scampò a un attentato mafioso a Roma progettato a causa del suo forte impegno contro Cosa Nostra. Ma prima Cosa Nostra tentò di organizzare un altro agguato.
Nel febbraio 1992 infatti un gruppo di fuoco composto da mafiosi di Brancaccio e della provincia di Trapani venne spostato a Roma con la missione di uccidere Maurizio Costanzo, il magistrato Giovanni Falcone e il ministro Claudio Martelli. Non riuscendo a rintracciare Falcone e Martelli, il gruppo pedinò per più giorni Costanzo.
Il conduttore venne seguito per alcune sere dopo le registrazioni della trasmissione “Maurizio Costanzo Show”. Ma quando il piano era pronto, il gruppo venne richiamato in Sicilia dal boss Salvatore Riina. Dopo il primo tentativo sospeso, nel maggio 1993 un altro gruppo di fuoco composto da mafiosi di Brancaccio e Corso dei Mille, in cui però non figurava Matteo Messina Denaro presente però nella prima spedizione, arrivò nuovamente a Roma per compiere l’attentato a Costanzo. Dopo diversi sopralluoghi venne rubata una Fiat Uno che venne riempita di esplosivo e parcheggiata in via Fauro. Il primo giorno il congegno non esplose per un difetto. Il secondo giorno la bomba esplose ma Salvatore Benigno schiacciò il pulsante in ritardo: aspettava Costanzo su un’Alfa Romeo 164, mentre comparve una Mercedes blu, non blindata. Il presentatore e Maria De Filippi rimasero illesi, la Lancia Thema con a bordo le due guardie del corpo fu scalfita dall’esplosione (i due uomini rimasero feriti). Nell’esplosione crollò il muro di una scuola, sei auto furono distrutte e sessanta danneggiate.
“Gli applausi dei palermitani mi hanno commosso”, ribadisce Costanzo che riflette anche sulla lunga latitanza in casa del boss “evidentemente aiutato da persone fidate che gli hanno garantito la possibilità di nascondersi per lungo tempo”.
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