E’ stato assolto a Torino dall’accusa di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti l’ex calciatore Michele Padovano. L’ex attaccante ha giocato, tra le altre squadre, in Juventus, Napoli e Genoa, con una presenza nella Nazionale italiana.
“È il giorno più importante della mia vita, il giorno del riscatto e della verità. Non si può lasciare in attesa una persona per tutto questo tempo e poi dire “ci siamo sbagliati. La mia vita è stata stravolta”.
Questa la prima reazione di Padovano intercettata dal quotidiano torinese La Stampa. Gli hanno scippato la vita, tenendolo 17 anni nel limbo di una giustizia che a passo di lumaca lo ha relegato nell’oltraggiosa posizione del trafficante di droga fino a prova contraria.
La sentenza è stata pronunciata al termine del processo d’appello bis che era stato ordinato dalla Cassazione. “Non abbiamo mai dubitato dell’innocenza del nostro assistito – dichiarano i suoi difensori, gli avvocati Michele Galasso e Giacomo Francini – che ha avuto la forza di continuare a credere nella giustizia pur in una vicenda così lunga, complicata e travagliata”.
Padovano era stato coinvolto nel 2006 in una vasta inchiesta della procura di Torino su un traffico di hashish. In primo grado la pubblica accusa aveva chiesto 24 anni di reclusione. La Cassazione aveva poi annullato con rinvio la condanna a sei anni e otto mesi.
“Siamo davvero felici – concludono i legali – che l’esame approfondito della Corte d’Appello abbia finalmente restituito a Padovano la propria dignità e la propria vita”.
A La Stampa Padovano ricorda le tappe del calvario, specie l’incubo iniziale dell’arresto e del carcere.
“Nel maggio del 2006 ero il direttore generale dell’Alessandria in Serie D. Avevo finito una cena al ristorante con amici, quando tre volanti civetta mi hanno bloccato davanti all’ospedale di Torino. Il destino ha voluto che tutto iniziasse proprio dove sono nato e di fronte a dove mi sono sposato. Subito ho pensato che si trattasse di Scherzi a parte, poi per i modi e i tempi che si allungavano ho capito che non era così. Prima 10 giorni di isolamento nel carcere di Cuneo, poi tre mesi nel carcere di Bergamo, reparto speciale”.
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