Un abbraccio lungo, silenzioso, carico di emozione, lontano da occhi indiscreti se non quelli amorevoli di medici, infermieri e mediatori. E’ quello che per interminabili minuti ha legato Nalina, la bambina irachena di 10 anni scampata al naufragio della barca a vela sulla quale viaggiava con la sua famiglia – che adesso risulta dispersa – a Ismail, 22enne siriano e suo salvatore.
Il giovane dopo il naufragio avvenuto in mare aperto, a 120 miglia dalla costa calabrese, ha visto la piccola in difficoltà e l’ha soccorsa riuscendo a farla stare aggrappata al relitto semisommerso fino a quando sono arrivati i primi soccorsi. Adesso, i due si sono ritrovati nell’ospedale di Locri dove sono entrambi ricoverati, e Ismail ha voluto andare a salutare la sua nuova piccola amica. Era stata la stessa bambina, dopo il ricovero, a raccontare di essere caduta in acqua e di essere stata salvata “da un ragazzo migrante”, Ismail appunto.
La piccola, grazie all’aiuto di un interprete straniero che collabora con il personale medico e sanitario e che conosce bene la lingua araba, curda e persiana, ha raccontato di aver visto i suoi “due fratellini più piccoli, una bambina e un bambino, finire in mare e scomparire tra le onde”. Nalina ha anche un ricordo dei suoi giovani genitori ed ha riferito di averli visti “stare male, molto male, dopo il naufragio” ma poi, col l’arrivo del buio della notte, non riuscire a “vederli più, né sapere che fine hanno fatto”.
L’imbarcazione hanno raccontato altri superstiti, era partita la sera dell’11 giugno dal porto turistico turco di Bodrum, la “Città bianca”, con a bordo oltre 70 migranti iracheni, iraniani, pakistani e siriani. Il naufragio dopo poco più di tre giorni di navigazione nello Ionio a circa 75-80 miglia dalle coste greche e a 120 da quelle italiane.
Nell’ospedale di Locri, oltre a Nalina e Ismail è ricoverato anche un terzo superstite, Wafa, curdo di una ventina d’anni, ricoverato in ortopedia, mentre Ismail, siriano di 22 anni, nel reparto di pneumatologia e Nalina in pediatria. Ismail e Wafa hanno raccontato che a causa “dell’eccesivo peso causato dalle tante persone che si trovavano a bordo e del mare molto mosso e delle gigantesche onde, la barca a vela, dopo circa tre giorni di viaggio ha cominciato ad imbarcare molta acqua”.
In balia del mare e con il motore in avaria e poi, probabilmente, esploso, la barca è stata sballottata dalle onde causando “la caduta e la successiva scomparsa in mare di gran parte dei migranti”, molti dei quali donne, giovani e bambini, almeno 26.