Olio d’oliva e per di più extra vergine italiano, cioè prodotto squisito e salutare che fa bene alla cucina, al cibarsi, alla sana alimentazione. L’Italia ne produceva nel 2010 ben 500 mila tonnellate, dodici anni dopo, nel 2022, la produzione dimezzata a 270 mila tonnellate. Perché, come mai? Uno dei motivi, forse il più consistente dei motivi del crollo di produzione sta nel fatto che l’olio d’oliva è diventato un “fenomeno sociale più che un comparto produttivo” come si legge sul Sole 24 Ore.
Quasi tutte le famiglie che l’olio d’oliva extra vergine lo usano e se lo possono permettere ormai attingono ad un mercato parallelo a quello della distribuzione in negozi alimentari, vinerie, enoteche, supermercati e affini. L’olio di oliva extra vergine molti, moltissimi lo comprano da e nel mercato di vicinato e relazione. Lo si compra da qualcuno che “lo facciamo noi l’olio d’oliva”. Quel “lo facciamo noi” contiene due messaggi: ne facciamo poco e quel poco è solo per noi e per parenti, amici e conoscenti. Non è un’impressione, è un dato industriale: le aziende che producono olio d’oliva censite sono 619 mila (tanto per avere idea dell’ordine di grandezza, quelle che producono vino sono 255 mila, quelle che fanno frutta sono 330 mila). Delle 619 mila aziende che fanno olio d’oliva il 42 per cento, quasi la metà, lavora su meno di due ettari di terra. Quindi circa 300 mila aziende censite l’olio di oliva se lo fanno per se stessi e a stretto giro di consumo. Eccolo il “fenomeno sociale”: farsi l’olio d’oliva in casa e per casa.
Bello il “fenomeno sociale” del farsi l’olio d’oliva da se stessi e per se stessi (un se stessi un po’ allargato alle amicizie e conoscenze ma nulla più). Ma non è appunto imprenditoria e neanche piccola. Trecentomila produttori due ettari l’uno (più chissà quanti altri che si fanno un po’ d’olio privatamente e da nessuno censiti) si fanno con tutta probabilità un buono se non ottimo olio per la famiglia e gli amici, però questo modo di produrre sottrae all’Italia quote enormi di prodotto possibile. La produzione su larga scala e in grande quantità di olio d’oliva extra vergine italiano declina, si è dimezzata dispersa tra centinaia di migliaia di micro produttori. E quindi di olio d’oliva extra vergine italiano ce n’è prodotto sempre meno.
Tanto meno che si rischia grosso di dover cedere quote di mercato e consumo sue, dell’olio d’oliva extra vergine italiano, ad oli provenienti da coltivazioni di altri paesi del Mediterraneo (generalmente buoni ma non eccelsi e comunque non alla pari con l’italiano extra vergine). Sempre più nei supermercati, nei negozi alimentari, nelle vinerie, enoteche e drogherie chi vorrà olio, anche buono, comprerà olio turco o greco o spagnolo e sempre più l’olio d’oliva extra vergine italiano diventerà quel che è già in buona parte: un hobby di massa farselo in casa e venderlo al massimo ad amici e conoscenti.
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