Si è spenta oggi, 9 febbraio, Paola R, di 89 anni, malata di Parkinson in forma gravissima, in una clinica Svizzera, dove ha potuto ottenere il suicidio assistito. Ad accompagnarla, con un’azione di disobbedienza civile, sono state Felicetta Maltese e Virginia Fiume, due attiviste della campagna Eutanasia Legale, lanciata dall’Associazione Luca Coscioni, che rischiano ora da 5 a 12 anni di carcere.
“Non sono autonoma in nulla, tranne che nel pensiero”, aveva scritto Paola in una lettera scritta prima di recarsi in Svizzera per ottenere ciò che le era stato negato nella sua casa a Bologna: l’aiuto medico per porre fine ad una sofferenza divenuta insopportabile e irreversibile.
“La decisione – spiegava Paola nella lettera – è maturata nel tempo. Dal 2012 un inizio di malessere, diagnosticato nel 2015. Un graduale e lento decorso verso la totale immobilità. Ora sono vigile in un corpo diventato gabbia senza spazio né speranza. Anzi stringe, ora dopo ora, inesorabile la morsa. La diagnosi è un parkinsonismo irreversibile e feroce arrivata ad uno stadio che non mi consente più di vivere”.
“Paola è stata costretta ad andare all’estero” a causa di “una discriminazione tra malati scaturita dalla decisione con cui la Corte costituzionale nel 2019 ha depenalizzato l’aiuto al suicidio solo per malati in determinate condizioni”, spiega Filomena Gallo, avvocato e segretaria dell’Associazione Coscioni.
Nel nostro Paese, infatti, è legale solo quando la persona che ne fa richiesta è affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, pienamente capace di prendere decisioni ed è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, come nel caso di Federico Carboni, che lo scorso giugno ha potuto accedere al “suicidio assistito”.
Paola, invece, non poteva accedere “all’aiuto al suicidio” in Italia perché non era in possesso di uno dei requisiti previsti dalla sentenza della Consulta 242/2019 relativa al caso Cappato-Antoniani, ovvero non era tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.
“La Corte Costituzionale ha più volte sollecitato il Parlamento ad emanare una legge che, senza discriminazioni, rispetti le scelte di fine vita”, commenta l’avvocato Gallo. Per questo “saranno ancora una volta i tribunali ad intervenire sui singoli casi e, ancora una volta, dinanzi alla mancanza di volontà politica, sarà la giurisprudenza a tutelare i diritti delle persone”.
Domattina, Virginia Fiume e Felicetta Maltese, si recheranno presso la caserma dei Carabinieri Sezione Polizia Giudiziaria di Bologna. Saranno accompagnate da Marco Cappato, che si autodenuncerà in veste di legale rappresentante dell’associazione Soccorso Civile, che ha organizzato e finanziato il viaggio verso la Svizzera.
“Ogni minuto passato con la signora Paola è stato un inno alla vita. Accompagnarla in questo viaggio e scegliere di autodenunciarci – dichiarano Fiume e Maltese – significa mettere a disposizione la nostra libertà per proteggere un diritto umano fondamentale”.
Intanto si allunga a 17 la lista di persone che hanno dato la loro disponibilità ad azioni di disobbedienza civile sul fine vita, unendo il loro nome a quello di Mina Welby e Gustavo Fraticelli. Tra quelle pronte a rischiare anche il carcere, come fece Cappato che accompagnò in Svizzera Dj Fabo, c’è anche il medico di Campobasso Mino Dentizzi.
“L’allargamento – ha spiegato Cappato – è indispensabile per far fronte a una sempre maggiore richiesta. Sono aumentate del 111% le persone alle quali, negli ultimi 12 mesi, abbiamo fornito prima le informazioni e poi, in alcuni casi, un aiuto pratico per accedere al suicidio assistito”.
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