La diffusione della peste suina negli allevamenti in Lombardia sta assumendo proporzioni allarmanti. Nella provincia di Pavia, dove a giugno è stato scoperto il primo focolaio, il numero dei maiali abbattuti ha raggiunto quota 33.865. Nel giro di un solo mese il numero dei focolai è salito a nove, tanto che l’Unione europea ha deciso di portare a 172 il numero dei Comuni della provincia di Pavia dove sono vietate le movimentazioni di maiali, sia in ingresso che in uscita. Da una decina di giorni, inoltre, sono scesi in campo anche i Carabinieri, nel tentativo di limitare i contagi ed evitare che il virus – che non colpisce l’uomo – possa raggiungere anche allevamenti di altre province della Lombardia o di altre regioni confinanti.
L’ampiezza degli abbattimenti ha cominciato a richiamare anche l’attenzione delle associazioni animaliste: il 20 settembre a Zinasco, in provincia di Pavia, la polizia ha sgomberato un presidio di manifestanti davanti al rifugio Progetto cuori liberi, che ospita una decina di maiali salvati dal maltrattamento. Animali all’apparenza sani che però sono stati uccisi e le loro carcasse smaltite.
Polizia e carabinieri, giunti sul posto con una decina di camionette e diverse auto, in assetto anti-sommossa, hanno sgomberato il presidio, consentendo che venisse eseguita l’ordinanza di Ats Pavia, ovvero l’ex asl. Un’azione svoltasi in un clima di grande tensionem (qui il video). Durante le cariche delle forze dell’ordine, tre attivisti sono rimasti feriti: gli operatori del 118 li hanno medicati sul posto.
“Avevamo dichiarato che avremmo fatto tutto il possibile per impedire questo inutile massacro, abbiamo resistito il più possibile anche se sapevamo di essere in minoranza”, ha dichiarato uno degli attivisti che era al rifugio. “Già da ieri – ha aggiunto – i controlli delle volanti e dei droni della polizia si erano intensificati lasciandoci supporre uno sgombero imminente. Ci siamo quindi organizzati richiamando quanta più gente possibile sia come testimoni, sia per cercare di impedire ai veterinari di entrare. Lo consideriamo un nostro preciso dovere e un atto dovuto verso degli animali che sono stati sottratti allo sfruttamento per vivere liberi e in salute e perché non possiamo permettere che questo avvenga un domani in altri rifugi, il cui status protegge e tutela gli animali ospiti”.
Una volta tolto il picchetto, i veterinari dell’Ats sono potuti entrare. Uno dei maiali era già morto, probabilmente a causa della peste suina, agli altri è stata fatta una iniezione letale. L’Ats ha spiegato che sono stati soppressi “i pochi suini ancora presenti nel focolaio di peste suina africana diagnosticato ai primi di settembre” nel rifugio. La peste “ha colpito quaranta suini presenti presso l’associazione, di cui gran parte già deceduti nei giorni scorsi” e che “il virus colpisce suini e cinghiali ed è molto resistente nell’ambiente.
L’uomo può diventare un veicolo di trasmissione e diffondere l’infezione nel territorio se non vengono rispettare rigorose norme di biosicurezza (come il cambio di abbigliamento e calzature in entrata-uscita da allevamenti e zone a rischio). Le attività di eradicazione della peste suina africana sono essenziali per contrastare la circolazione virale e salvaguardare tutti i suini, sia allevati per fini alimentari sia detenuti a scopo di affezione”. Per questo motivo nel Pavese da metà agosto sono stati abbattuto oltre 33 mila maiali in otto diversi focolai.
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