Dicembre 1942, un gesuita tedesco invia lettera esplicita al segretario particolare del Papa, nella lettera si legge di campi di sterminio nazisti, se ne fanno i nomi, si dice dove sono e si informa il Vaticano di forni crematori dove, in un solo campo, si eliminano fino a seimila persone al giorno, soprattutto polacchi ed ebrei. La lettera è stata ritrovata da un ricercatore e storico italiano negli archivi vaticani, pubblicata dal Corriere della Sera e non smentita né contestata nella sua autenticità dal Vaticano stesso.
E’ datata 14 dicembre 1942, il mittente è Lothar Konig, il destinatario è il segretario di papa Pacelli e il testo lascia intuire non sia la sola, anche se la sola trovata finora di una corrispondenza che informava, già da mesi, di come il regime nazista macellasse nei campi di sterminio popolazioni ritenute di qualità inferiore ed etnie bollate come nocive. La lettera attesta che il Vaticano, che papa Pacelli Pio XII era informato e quindi consapevole dei lager, dei forni crematori e degli stermini nazisti. Scelse Pio XII di non denunciare mai in pubblico, di mai alzare la voce della Chiesa cattolica direttamente ed esplicitamente contro Hitler.
Una scelta fatta di prudenza, timore, calcolo e costrizione. Probabilmente Pio XII temeva che se avesse denunciato gli stermini di cui veniva a conoscenza, allora i nazisti avrebbero esteso la persecuzione anche ai cattolici tedeschi. E che forse Hitler si sarebbe spinto fino ad occupare il Vaticano stesso. Il suo fu una scelta di silenzio, silenzio da prudente autoconservazione. Forse, molto forse, fu una scelta accompagnata anche dalla voglia di mantenere il Vaticano in una posizione non “belligerante” durante la seconda guerra mondiale, una sorta di neutralismo in omaggio alla missione e testimonianza di pace.
Forse, meno forse, fu la scelta di sottrarre la Chiesa allo scontro e di sicuro fu una scelta su cui pesò il pregiudizio secolare da parte cattolica verso le vittime principali dello sterminio, gli ebrei. Alle informazioni che arrivavano in Vaticano sugli stermini di massa, in Vaticano stesso si applicava una tara: “gli ebrei esagerano sempre”. Prudenza, pavidità, calcolo di sopravvivenza e diffidenza secolare verso gli ebrei compongono e spiegano la scelta di silenzio di Pio XII di tacere su ciò che sapeva. Una scelta storicamente non valutabile se non inquadrata nel contesto di quegli anni: la rappresaglia nazista di fronte ad un Vaticano che avesse esplicitamente condannato la politica dello sterminio era molto probabile se non sicura. Una scelta di silenzio che ha dalla sua l’alibi della sopravvivenza del Vaticano come valore e obiettivo primari. Una scelta che ha dell’umano. Esitare, temere, sottrarsi, tacere per non rischiare è umano. Ma quello di Pio XII non fu santo silenzio. Non fu virtù, né umana né santa. Al massimo fu necessità. Tanto comprensibile quanto non condivisibile. Roba da umani, non da santi.