Il racconto della 19enne che ha ucciso il padre: "Maltrattava me e mia madre da tempo" Il racconto della 19enne che ha ucciso il padre: "Maltrattava me e mia madre da tempo"

Il racconto della 19enne che ha ucciso il padre: “Maltrattava me e mia madre da tempo”

“Ci maltrattava da tempo, era violento”. Queste le parole della 19enne che venerdì primo marzo ha ucciso il padre, Akhyad Sulaev, 50 anni e di origine ceceno, nell’Astigiano. Versione confermata anche dalla mamma. La figlia è stata ora fermata con l’accusa di omicidio aggravato dal vincolo familiare. I maltrattamenti, quelli raccontati ai carabinieri dalla due donne, avrebbero riguardato prima e soprattutto la consorte della vittima, poi anche la giovane figlia, ma non i tre fratelli più piccoli.

Cosa è successo prima dell’omicidio

L’uomo si sarebbe licenziato per l’ennesima volta all’improvviso, mettendo in difficoltà la famiglia. Anche per questo, secondo il racconto delle due donne, era nata la lite. Lite che aveva assunto toni e modi violenti, fino all’accoltellamento. A dare l’allarme, chiamando i carabinieri, è stata una donna estranea alla famiglia, un’amica, che era impegnata a seguire i fratelli più piccoli per i compiti scolastici.

“La più grande preoccupazione come difesa ora è tutelare questa ragazza, che dopo l’accaduto si trova in condizioni psicologiche difficili. È in grande difficoltà. Per questo è stata chiesta per lei una struttura protetta”. A parlare è l’avvocato Massimo Sfolcini, il legale della 19enne. “Sono in attesa della notifica degli atti per l’udienza di convalida del fermo – spiega l’avvocato – che si terrà probabilmente lunedì. Il gip di Alessandria incaricato valuterà le eventuali esigenze cautelari e le richieste del pm Andrea Trucano. Ne ragioneremo, ma non mi pare sussistano”.

La 19enne lavorava e badava ai fratelli più piccoli

“La famiglia – sottolinea – era in Italia da cinque o sei anni ed era riservatissima, molto chiusa, con un orientamento religioso molto osservante, che ha determinato una solitudine nei fatti e nell’indagata una disperazione nel non poter trovare aiuto per la situazione in casa. La ragazza aveva assunto un ruolo significativo in famiglia, perché oltre a studiare con profitto, badava ai fratelli più piccoli e nel fine settimana, dal venerdì alla domenica, lavorava nello stesso locale dov’era impiegata la mamma, per aiutare economicamente. Tra di loro parlavano in russo e lei si era ambientata, ma faceva fatica a stringere amicizie solide, anche se aveva un’amica in particolare, a cui aveva confidato la situazione”.

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