Una ragazza di 18 anni, tedesca, è stata segregata e violentata per due anni da una coppia di stallieri, entrambi pakistani, in un appartamento riservato al personale di un maneggio a Cesano. Il primo, 31 anni, era il suo ragazzo: è stato condannato in via definitiva con l’accusa di violenza sessuale, maltrattamenti e sequestro di persona. Contestazioni per cui adesso è imputato davanti ai giudici della prima sezione penale anche il secondo stalliere, 36 anni, coinquilino e parente del fidanzato.
Ragazza segregata e violentata in un maneggio a Cesano
Il tutto si è svolto nel settembre del 2019. Oggi la ragazza ha 21 anni ed è tornata a vivere in Germania. L’allora 17enne era scappata dalla sua famiglia per venire in Italia, più precisamente a Cesano (Roma), assieme al suo ragazzo. Ad attendere la coppia, c’è un familiare, che da anni si occupa di cavalli. La coppia viene ospitata nella foresteria della struttura. I primi mesi, quando lei è ancora minorenne, i due la trattano con rispetto. Poi, appena compie 18 anni, i due pakistani cambiano atteggiamento. Non vogliono che esca da casa sola. I due le distruggono il cellulare e le sottraggono i documenti d’identità.
Quando i due stallieri capiscono che la giovane è determinata a scappare, la rinchiudono nella camera da letto. A volte incontra il personale del maneggio, e quando succede i due sono presenti, facendo sì che non racconti niente di compromettente. Evitano di farle mettere vestiti scollati per celare i lividi alle braccia. Il suo ragazzo la violenta spesso. Ma anche l’altro abusa della ragazza. Il 27 maggio del 2021, la 18enne trova il modo di scappare e fa arrestare i due.
Le testimonianze al processo
Come riportato dal Messaggero, durante il processo hanno parlato diversi dipendenti del maneggio. Non si sarebbero mai accorti dello stato di segregazione in cui viveva la ragazza, aggiungendo che non immaginavano fosse minorenne. Tra i vari testimoni ascoltati ieri anche l’uomo che l’ha salvata.
“Ero in macchina e ho visto due uomini che la strattonavano per le braccia. Ho chiamato subito il 112. Poi sono tornato indietro e le ho chiesto se andasse tutto bene. Lei aveva lo sguardo atterrito, ma non rispondeva. Uno dei due ha detto di essere suo marito. Non gli ho creduto e ho offerto alla ragazza un passaggio: lei è salita in auto e mi ha ringraziato in inglese. Poi l’ho accompagnata dai carabinieri”.
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