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Rifugio Padon, morto operaio: stava eseguendo dei lavori di manutenzione

Un dipendente della funivia che porta al Rifugio Padon, sui rilievi dolomitici sopra Rocca Pietore (Belluno), è morto stamani mentre stava eseguendo alcuni lavori di manutenzione sull’impianto.

La vittima si chiamava Massimo Crepaz, abitava a Livinallongo del Col di Lana (Belluno) ed era dipendente della società Funivie Arabba. 

Sul posto è intervenuto l’elisoccorso, attivato dalla Centrale Suem dell’Ulss 1 Dolomiti, che ha immediatamente attivato anche i tecnici dello Spisal. Purtroppo l’uomo era già morto al momento dell’intervento. Sul posto anche il Soccorso Alpino, per il trasporto della salma al suolo. Sono in corso le indagini di dettaglio per ricostruire la dinamica degli eventi. Il rifugio Padon è posto a 2.407 metri d’altitudine, sull’omonimo passo, di fronte al massiccio della Marmolada, tra Veneto e Trentino Alto Adige.

Rifugio Padon, morto operaio della funivia. La prima ricostruzione

L’operaio stava lavorando sul 13/o palo della seggiovia. L’esatta dinamica dell’incidente non è ancora chiara.

Secondo quanto si è appreso l’uomo, residente nel Bellunese, avrebbe raggiunto il punto di aggancio dei cavi dell’impianto all’altezza del pilone 13 a bordo di un particolare carrello normalmente fatto scorrere sulla stessa fune che regge i veicoli mobili, in questo caso dei seggiolini. Per cause da accertare e al vaglio degli operatori dello Spisal e della magistratura, il moschettone con cui, attraverso un cordino, era assicurata l’imbragatura necessaria a compiere i lavori in quota, sarebbe rimasto impigliato nel punto in cui la barra verticale che regge le sedute si unisce alla fune. Il movimento della linea avrebbe perciò trascinato l’uomo fino al sistema di elementi rotanti in testa al pilone provocando una compressione che ne avrebbe determinato il decesso istantaneo. Ulteriori dettagli saranno più evidenti domani al termine dell’esame sul corpo previsto all’ospedale di Belluno. Per recuperare la salma gli addetti del soccorso alpino hanno operato ad un’altezza di una quindicina di metri. Il carrello è stato posto sotto sequestro.

La nota della Cisl

“Se sarà appurato che alla base della morte vi è stato un errore di comunicazione – ha detto il segretario generale della Cisl di Belluno Treviso, Massimiliano Paglini – ci domandiamo quale sia il valore della vita umana di un padre di famiglia di 57 anni che non farà più rientro a casa. Nell’era della comunicazione globale – conclude – non è accettabile che si possa morire per carenza di comunicazione tra soggetti che operano nello stesso cantiere”.

 

 

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