Foto Ansa
C’è, puntualissima nello scattare, una scala mobile dei prezzi. Legata non al costo di materie prime o a quello del lavoro o alla tassazione. No, niente di così banale, ovvio e in qualche misura poco…creativo. La scala mobile dei prezzi è legata alla temperatura, al termometro. Al crescere dei gradi si fanno mastodontici i prezzi delle merci e prodotti che possono essere richiesti causa appunto super caldo. Caldo ricco mi ci ficco. E fin qui…Ma di quanto ci si “ficcano” nell’occasione? Di quanto profittano? Il quanto è una quantità che sgomenta. Sgomenta e al tempo stesso documenta. In centro a Roma una bottiglietta d’acqua minerale viene venduta in un tranquillo e indisturbato abusivismo fino a 5 euro. In strada.
Ma non è che negli esercizi commerciali fissi e regolari diano, per così dire, attuazione al precetto evangelico di dare da bere agli assetati: la bottiglietta te la vendono a 3 euro. Una bottiglietta che all’esercente nel peggiore dei casi è costata trenta centesimi. Vuoi poi un gelato (attenzione, poi viene sete!)? Il cono o la coppetta minimo formato disponibile si è arrampicato sulla scala fino a quota 4 euro. Partiva da 3 euro, un balzo di circa il 30 per cento. Di quanto sia balzata la bottiglietta d’acqua minerale difficile dire, facciamo del 100 per cento al bar e del 300 per cento in strada e non si è molto lontani dalla percentuale di…mercato?
Foto con asfalto che cede e un po’ si squaglia per il caldo. Ma così si squaglia anche un tessuto sociale. Con la costante e intensiva applicazione della legge, dell’uso e costume della predazione di ciò che è nel raggio d’azione del singolo, ivi compreso ovviamente il prossimo. Ci vuole stomaco a chiamarla inflazione quella somma e moltiplicazione di comportamenti che fanno in modo che una inflazione al suo massimo grande 10 diventi durante le “filiere” un prezzo di vendita maggiorato del 25/30 per cento. E qui non si parla degli ambulanti profittatori della sete altrui e neanche solo del bar furbetto, qui si parla di filiere industriali prima e distributive poi che profittano dell’inflazione e la usano come veicolo-alibi per un trasferimento di ricchezza reale dal reddito fisso al reddito di chi, appunto, fa il prezzo. Allora invece che inflazione, speculazione? Speculazione è divenuta a sua volta parola grossa quanto gassosa.
Viene chiamata e bollata come speculazione ogni forma di guadagno e profitto. Tutte, proprio tutte. Tranne la propria. No, non è inflazione e neanche speculazione quella che trasuda e intride i comportamenti socio economici. E’ la temperatura che scioglie le connessioni sociali, è l’arraffo, la predazione che vanno a sostituire il mercato. Sono la legge, l’uso e il costume del saccheggio dell’ambiente sociale. La stessa cultura della predazione che presiede all’acqua minerale a 5 euro la bottiglietta è quella che, in questa stessa città, porta a tre incidenti stradali ogni ora del giorno e della notte e a un morto in strada ogni tre giorni. La cultura della strada è di chi se la prende. La cultura, di massa, del come non ci fosse un domani. Oscenamente truccata da cultura del “realizza i tuoi sogni”. Ma un domani c’è e già si incarica di dare la caccia, spietata, ai predatori del presente facendone le sue prede.
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