Il suo soprannome è Sandokan, la sua identità è segreta e dietro al passamontagna c’è l’investigatore della Crimor del Ros che la mattina del 16 gennaio ha catturato U’ Siccu, Matteo Messina Denaro.
“Non dormivo da tre notti – racconta a Repubblica -. La zona attorno alla struttura era sotto monitoraggio continuo, era ripresa dalle telecamere. Pedinamenti e intercettazioni avevano scandito la vita della squadra. All’alba di quel giorno eravamo già tutti schierati e ben mimetizzati, oltre trenta uomini. Tutta la Crimor era lì, e non solo. Sapevamo che il signor Andrea Bonafede sarebbe arrivato in mattinata alla clinica La Maddalena. Noi eravamo certi che fosse la falsa identità di Matteo Messina Denaro”.
L’operazione
“Non dormivo da tre notti. La zona attorno alla struttura era sotto monitoraggio continuo, era ripres“Alle 9,15 sulle nostre radio, collegate tra loro, è arrivato il segnale. Quell’uomo col montone e il cappellino in testa era l’uomo che si presentava col nome di Andrea Bonafede, accanto a lui un accompagnatore. Erano in una stradina senza uscita. Gli abbiamo urlato: “Fermo, fermo, carabinieri”. Lui si è bloccato, lo abbiamo circondato coi nostri corpi mentre gli dicevamo: “Lo sappiamo che sei Matteo Messina Denaro” e lui ha risposto “Sì”. Era fatta, la caccia era finita”.
La vita al Crimor
“Sono stato un uomo ombra, restare nel buio è un’esigenza per chi deve braccare un latitante. Ho trascorso intere giornate e intere notti in auto, accanto alle bottiglie vuote che si utilizzano se scappa un bisogno. Sul cruscotto panini e acqua, sotto ai sedili i vestiti per cambiarmi. Per tutti noi della Crimor la vita viene scandita dai tempi di chi pedini e la macchina diventa la tua seconda casa”.