Due o tre cose bisogna pur dirle su questo sciopero a puntate (4 in novembre, 1 in dicembre) che vede CGIL e UIL marciare insieme contro il governo e il garante. I sindacati vogliono bloccare il Paese con uno “sciopero generale camuffato”, come l’hanno chiamato gli oppositori di Landini e Bombardieri. Ne è nato un braccio di ferro che Calenda (e non solo) ha sbrigativamente bollato come il “solito teatrino politico”. Una situazione ingarbugliata che merita alcune osservazioni.
Cioè non è insindacabile. Certo, è un diritto (sacrosanto ). Ma deve essere bilanciato in gli altri diritti costituzionali delle persone e delle imprese. In particolare deve essere garantito il diritto alla mobilità; diritto garantito dai Trasporti pubblici in questi giorni al centro delle discordie. È dal 2009 che si promette di correggere la vigente disciplina ma tutto è finito in cavalleria. No buono.
La commissione di Garanzia della attuazione della legge ( così definita dall’art. 12 della legge) è una autorità amministrativa indipendente di derivazione parlamentare. Disciplina, in via generale, l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali. Cioè i diritti della persona costituzionalmente garantiti: alla vita, alla salute, alla libertà e alla sicurezza, alla libertà di circolazione, alla assistenza e previdenza sociale, alla istruzione e alla libertà di comunicazione nell’ambito dei servizi pubblici anche se gestiti da privati. Dire che c’è l’ombra meloniana sui suoi verdetti è un azzardo, una forzatura. L’autority contesta la mobilitazione generale (“non ci sono i requisiti”) ma Landini e Bombardieri non ci stanno. No buono. Le regole vanno rispettate.
È l’opinione di Calenda che, come altri, critica il sindacato perché “ dovrebbe restare obiettivo”. In altre parole si obietta che la Cgil e la UIL hanno indetto uno sciopero senza conoscere i contenuti della manovra. “Propongono una finanziaria alternativa ma danno l’impressione di volere tutto: dal Superbonus al taglio del cuneo”. Al netto delle attuali discussioni, il sindacato (fondamentale in una democrazia) deve recuperare l’antica credibilità. Recuperare, soprattutto Landini, la prudenza e il linguaggio del fondatore Giuseppe Di Vittorio (1892-1957). Sta circolando la battuta sulla scelta del venerdì da parte del sindacato “per fare un weekend lungo”. E anche questo No buono.
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