Nella scuola di oggi, il protagonisti di questo increscioso episodio, che stiamo per raccontare sono quattro: un ragazzino di 11 anni, suo padre, un insegnante di religione e la preside di un istituto scolastico situato nel Trentino.
Avviene che durante l’ora di religione ( materia da cui il giovanetto non era esentato) squilli il suo cellulare disturbando tutta la classe. Ora non voglio tornare ai miei tempi quando il professore ci metteva dietro la lavagna o si veniva sospesi per almeno un paio giorni. La situazione ha abitudini diverse, non c’è dubbio.
Ma il sostantivo disturbo ha lo stesso significato sia allora che oggi. E’ come se indietro negli anni un alunno si fosse messo a fischiare in classe o a suonare la tromba. Avrebbe distolto i suoi compagni dalla spiegazione di un testo? La risposta è fin troppo ovvia. Probabilmente, l’ora di religione non interessava al giovanetto, ma non per questo avrebbe dovuto importunare i suoi compagni. Cosicchè, l’insegnante, turbato da tanta disobbedienza, sequestra il telefonino e continua la sua lezione.
A casa i genitori dello studentello gli chiedono dove è finito il cellulare e lui, con tranquillità risponde: “Me lo ha sequestrato il professore”.
Apriti cielo: il babbo del fanciullo non ci sta, chiede lumi non solo all’insegnante, ma anche alla preside dell’istituto. E’ convinto che sia stato compiuto un abuso e nemmeno le parole della direttrice lo convincono a fare un passo indietro. Corso dal legale di sua fiducia denuncia i responabili “per potere coercitivo” del docente Intervistato dall’Alto Adige, il giornale più diffuso di quella zona, spiega le sue ragioni.
“Mio figlio, magari, poteva essere raggiunto da una nota disciplinare, ma il sequestro è illegittimo”. Torniamo ai tempi passati. Allora, una volta a casa padre e madre del ragazzetto sarebbero stati dalla parte dei professori. Oggi la musica è cambiata, il refrain è diverso, sono stati stravolti i ruoli.
Ok, non addentriamoci in questa discussione. Veniamo ai fatti. Allo studentello di 11 anni si compra il telefonino (a diciotto un’Alfa Romeo?) nella speranza che lo sappia usare. Mi auguro che i genitori lo abbiano pregato di non metterlo in funzione a scuola, è una questione di buona educazione oltre che disciplinare.
Però le raccomandazioni di mamma e papà non vengono raccolte. Quindi si guarda bene dallo spegnere il telefonino e lo tiene acceso fin quando squilla. Uno dei due genitori (per la precisione il padre) corre a scuola e chiede di parlare con la preside per un problema urgente. La direttrice dell’isituto lo ascolta, cerca di spiegargli le ragioni della scuola, fa da meditratice, però senza successo. “Lei comprende- spiega – che è un elemento di distrazione, anche una mancanza di rispetto verso i docenti”. Niente. Con tutta probabilità il padre non è nemmeno al corrente di una circolare del ministro Giuseppe Valditara che ricorda e sottolinea “il senso di responsabilità di tutti, allievi e professori”.
Ora molti genitori si chiederanno: chi ha torto e chi ha ragione nell’episodio in questione? La risposta la lasciamo ai protagonisti, ma non c’è dubbio che il fatto suscita qualche perplessità. Primo: forse è sbagliato dare la possibilità al proprio figlio di portare il cellulare a scuola. A undici anni, la correttezza è spesso un optional. Se dovesse succedere qualcosa di urgente sono i vertici della scuola che si incaricano di avvertire la famiglia.
Secondo: il padre, innervosito (eufemismo) dal sequestro, non si è chiesto quale distrazione ha dato, nella circostanza, alla classe intera. Terzo: in che modo il professore si sarebbe dovuto comportare dinanzi ad un atto di grave indisciplina? Togliergli il telefonino e consegnarlo alla preside per le decisioni del caso. Insomma, ogni tanto noi anziani non gettiamo sempre la croce addosso ai docenti, ma a casa facciamoci un esame di coscienza. Se ne gioveranno tutti: genitori e figli.
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