Simonetta Cesaroni, svolta nelle indagini 33 anni dopo. La ragazza uccisa a Roma in via Poma, il 7 agosto del 1990, potrebbe aver stretto nelle mani capelli o peli del suo assassino.
A permettere queste nuove scoperte è stata un’attività tecnico-scientifica particolarmente innovativa. A portarla avanti sono stati Franco Posa, esperto in neuroscienze forensi e ricostruzione dei cold case. Posa sta lavorando insieme alla collega Jessica Leone.
Al TgCom, Posa ha spiegato: “Ci sono segni dei quali non si trova traccia nelle perizie fatte nel corso degli anni. Parliamo, per esempio, della regione del collo e di una mano, dove vi era peluria che non è stata studiata e valutata. Il che lascia pure un pochino basiti. Però, era un’altra epoca. C’era questa peluria, che non è stata repertata. Dagli ingrandimenti fatti con tecniche innovative, le evidenze che sono saltate fuori sono tante”.
Prosegue Posa parlando della Cesaroni: “Quindi: lesioni mai descritte con precisione, materiale biologico come questa peluria depositata su una mano e un’impronta sul collo che stiamo studiando. Grazie a una tecnica che permette di ingrandire questa lesione, possiamo misurarla e confrontarla con lo strumento che probabilmente è stato usato per stringere”.
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