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Strage di Erba, la difesa di Olindo e Rosa: “Ecco perché le loro confessioni non sono credibili”

Per motivare come non fossero genuine le confessioni di Olindo Romano e Rosa Bazzi (poi ritrattate) per la strage di Erba i loro difensori alla richiesta di revisione della sentenza hanno allegato elaborati di esperti che hanno “rilevato disturbi psicopatologici in Olindo e Rosa e deficit cognitivi importanti in Rosa”. Elementi non valutati nei precedenti processi e che, invece, costituiscono una “nuova prova” ottenuta con una “consulenza multidisciplinare”.

Strage di Erba, Olindo e Rosa “hanno disturbi psicopatologici”

Per gli esperti degli avvocati della coppia condannata all’ergastolo e per la quale i legali chiedono l’annullamento della sentenza, Rosa è “una persona vulnerabile a causa di una disabilità intellettiva (altrimenti nota come ritardo mentale) che coinvolge lo sviluppo di tutte le funzioni cognitive, comprese le funzioni cognitive necessarie per permettere al soggetto di produrre valide dichiarazioni”.

Anche a Olindo Romano, per gli esperti, “sono stati riscontrati importanti aspetti psicopatologici disfunzionali” e quindi era a sua volta “un soggetto inidoneo a rendere dichiarazioni valide nel contesto in cui queste sono avvenute, poiché è risultato avere un profilo di personalità acquiescente, con un’abnorme tendenza alla credulità e con scarso senso di autoefficacia e, quindi, con una forte tendenza ad adeguarsi alle richieste e a credere a quanto gli viene prospettato anche se irrealistico”. 

Nuovi testimoni accreditano una faida per la droga

Tra i testimoni che rientrano nella richiesta di revisione del processo per Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo per la strage di Erba (quattro morti e un ferito grave l’11 dicembre del 2006) vi è anche la testimonianza di un tunisino, Abdi Kais, disposto a deporre se i giudici di Brescia ammetteranno la sua testimonianza, il quale afferma che nell’ordinanza di custodia cautelare che lo portò in carcere per droga mancavano delle intercettazioni effettuate anche nella casa del massacro.

Secondo “Il Messaggero” l’uomo, che alcuni mesi dopo la strage fu arrestato con Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Youssef, tra le vittime, sostiene che nell’ordinanza che lo portò in carcere mancavano dei file con delle intercettazioni effettuate dalla Guardia di Finanza nella casa del massacro prima dell’eccidio.

“Venivano intercettati tutti i cellulari e anche l’abitazione di Azouz in via Diaz – ha raccontato Kais il 19 febbraio 2023 nell’ambito di indagini difensive – Ma tutto ciò poi non è emerso perché non c’erano i file delle intercettazioni. Era pieno di “omissis”. Il tunisino l’avrebbe capito dagli atti relativi alla sua misura cautelare che riguardava episodi di cessione anche antecedenti la strage.

Il 38enne, condannato con il gruppo di Marzouk per traffico di droga, dopo aver espiato la pena, è rientrato in patria ma a è pronto a tornare in Italia e testimoniare in aula. “Azouz mi ha detto, prima che io uscissi di galera, di tenere d’occhio Raffaella e il loro figlio Youssef. Sembrava molto spaventato e scuro in volto”, avreBbe aggiunto. L’uomo quindi, ipotizza che la strage di Erba sarebbe accaduta nell’ambito di uno scontro tra spacciatori e che la casa di Raffaella fosse la base logistica dello spaccio.

Strage Erba: giudici rilevarono altre piste “impraticabili”

Secondo la Cassazione, che aveva confermato l’ergastolo per Olinda e Rosa Bazzi, i giudici di primo e secondo grado avevano fornito “adeguata motivazione sulla impraticaibilità di alternativi fronti di indagine per la insussistenza di concreti spunti investigativi”.

La Suprema corte ricordava come fosse stato ritenuto “inconsistente” il dato riferito da due testimoni “quanto alla presenza di un terzetto davanti a via Diaz 28”, dove si trova la palazzina dell’eccidio.

Aggiungevano che “occorreva ad estranei disporre di chiavi per accedere alla palazzina teatro del massacro” e che anche per entrare nell’alloggio delle vittime, “prima dell’arrivo dei Castagna, occorreva disporre di chiavi attesa l’insussistenza di segni di scasso della serrature” (un teste aveva riferito di rumori provenienti dall’alloggio ma che sarebbero venuti da quello vicino ndr.).

Era stato considerato “anche l’ambiente insano frequentato dal Marzouk, coinvolto in traffici di stupefacente , come germoglio dell’azione criminosa ma nessuno spunto emerse per accreditare questa ipotesi”. I difensori di Olindo e Rosa cercheranno invece di introdurre elementi nuovi, tra cui la testimonianza del tunisino Abdi Kais a dimostrazione della “faida” tra gruppi di spacciatori come possibile movente della strage. 

FIlippo Limoncelli

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