Alla fine Rosa e Olindo erano innocenti? Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo in via definitiva per quella che è passata alla storia come la strage di Erba, torneranno in aula il primo marzo per la possibile revisione della sentenza che li ha condannati al carcere a vita.
“Non vedo l’ora che arrivi quel giorno per affrontare un vero processo”, ha detto al suo avvocato Olindo Romano. Anche la moglie è “felicissima”. Le prove, se ritenute congrue, potrebbero poi portare all’annullamento della condanna.
Ma andiamo con ordine. Olindo e Rosa sono stati condannati per l’omicidio di Raffaella Castagna, di suo figlio Youssef, della madre della donna, Paola Galli e una loro vicina di casa, Valeria Cherubini. Una vera e propria strage che avvenne l’11 dicembre del 2006. Rosa e Olindo, vicini di casa di Raffaella Castagna, entrarono presto nelle indagini.
I due poi confessarono di essere gli autori dell’eccidio, motivandolo con la rabbia per le continue liti e vessazioni da parte di Raffaella e di suo marito Azouz Marzouk.
Azouz Marzouk fu poi in seguito arrestato per spaccio e nel processo manifestò improvvisamente dubbi sulla colpevolezza della coppia.
Alla strage sopravvisse solo Mario Frigerio, marito della Cherubini, nonostante una profonda ferita alla gola. Fu lui a riconoscere Olindo Romano. Un riconoscimento effettuato anche durante il processo. Frigerio è poi morto qualche anno dopo.
Gli avvocati puntano soprattutto sulla testimonianza di un uomo che abitava nella casa della strage e che era legato ad Azouz Marzouk.
L’uomo aveva riferito di una faida con un gruppo rivale, nella quale anche lui fu ferito, e aveva sostenuto che la casa della strage “era la base dello spaccio che veniva effettuato nella vicina piazza del mercato e il posto dove erano depositati gli incassi”.
Altro testimone citato dalla difesa è “un ex carabiniere che riferisce delle indagini e delle parti mancanti del 50% dei momenti topici delle intercettazioni”.
Ci sarebbero poi alcune contraddizioni, dicono gli avvocati, nella testimonianza di Mario Frigerio.
A marzo così la Corte d’appello di Brescia, valutato il tutto, potrà decidere se riaprire un processo.
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