Tre militari dell’esercito sono stati condannati a un mese di carcere, con pena sospesa e non menzione, per catcalling. Uno dei primi casi finiti in tribunale, l’accusa è di aver rivolto molestie verbali ad una 19enne, con fischi e commenti sessisti. La giovane stava camminando per strada, per portare fuori il cane, nei pressi del palazzo in cui abitava.
Era il 21 marzo 2021: i tre uomini, all’epoca addetti al servizio Strade Sicure a Milano, in seguito all’indagine, sono stati trasferiti a Torino. Uno di loro si è infine dimesso. Il giudice monocratico milanese Luigi Fuda ha, inoltre, disposto un risarcimento nei confronti della giovane di 3 mila euro e il pagamento delle spese processuali.
Anche se bisognerà aspettare le motivazioni – saranno depositate entro 60 giorni – il Tribunale ha in sostanza condiviso la ricostruzione del vice procuratore onorario Marisa Marchini che aveva chiesto per ciascuno la condanna a due mesi di carcere senza la concessione delle attenuanti generiche, in quanto i tre imputati, che avrebbero agito in concorso tra loro, “non hanno chiesto le scuse” e all’epoca dei fatti non avrebbero considerato la giovane età della vittima.
“Avrebbero dovuto tutelare la tranquillità pubblica e invece hanno creato turbamento in una ragazza” di 19 anni, “supportandosi e spalleggiandosi a vicenda”, ha evidenziato il Vpo.
L’avvocato di parte civile, Roberta Bianchi, ha spiegato che la giovane “è ancora visibilmente turbata” e quando ricorda la vicenda piomba “in uno stato d’ansia e di paura” come quelli di allora. “Era provata per la violenza delle parole – ha aggiunto l’avvocatessa – e la petulanza dei tre militari che avrebbero dovuto vigilare e invece hanno passato il loro pomeriggio a bivaccare e molestare”.
Non così per il difensore, Salvo Lo Greco: “Hanno semplicemente chiesto alla ragazza” e all’amica che era con lei “se volevano bere con loro, questo è successo”. Inoltre, “nessuno dei testi presenti quel giorno ha confermato quello che ha raccontato la vittima – ha proseguito l’avvocato rivolgendosi al giudice – Sono militari con le loro carriere e il loro lavoro, due mesi di arresto sarebbe un disastro. Allora le chiedo di assolverli con la formula più ampia” in quanto il fatto contestato “non può dirsi provato oltre ogni ragionevole dubbio”.
L’avvocato Lo Greco, prima di concludere, ha precisato, che la 19enne era “interessata a coprire un’altra situazione” ossia quella per cui il padre è stato archiviato: era intervenuto in difesa della figlia e ha schiaffeggiato uno dei militari.
La ragazza, che ha ora quasi 21 anni, sentita durante il processo ha raccontato che quel pomeriggio, in zona San Siro, era stata bersagliata da commenti sgradevoli dai tre militari, in quel momento fuori servizio e intenti a bere birra in un bar vicino a casa sua.
“All’inizio non ho dato peso alle loro parole. Poi dopo che per tutto il giorno mi hanno importunata, sono esplosa. Alla fine sono scoppiata anche a piangere. Mi sono sentita minacciata. Quando sono intervenuti i miei genitori a difendermi hanno detto Non fatela più uscire di casa da sola”. Dopo le motivazioni, si attende il secondo round in appello.
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