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Uccide la madre e la chiude col cemento in un armadio: “Non c’è un motivo per cui l’ho fatto”

Primavalle, Roma. Massimo Barberio, un uomo di 61 anni, ha ucciso l’anziana madre di 88 anni con un coltello. Ha preso il corpo e l’ha poi nascosto all’interno di un armadio. Ha messo vari strati di buste e sigillato il tutto con il cemento sperando che gli odori della decomposizione non si sentissero. Undici giorni dopo ha confessato l’omicidio non sapendo cosa fare. Ora l’uomo è  rinchiuso a Regina Coeli. 

Uccide la madre e la chiude col cemento in un armadio

In una mattina come tante altre, Barberio ha preso uno dei coltelli della cucina e l’ha colpita violentemente per tre volte alla schiena. All’improvviso, probabilmente per non doverla guardare in faccia, mentre lei stava preparando il caffè, come faceva tutti i giorni. Ha aspettato che morisse e l’ha chiusa in un sacco che ha accuratamente nascosto in un armadio. 

La telefonata al 112 è arrivata poco prima delle 2 di notte venerdì 29 settembre, 11 giorni dopo l’omicidio. I Carabinieri sono arrivati in via Pietro Gasparri e sono entrati nell’appartamento. Il 61enne li ha portati nella stanza da letto dell’anziana madre e ha indicato l’armadio. All’interno c’era il corpo della donna che era stato quasi chiuso ermeticamente all’interno di un grande sacco della spazzatura. Tutto questo mentri i cattivi odori avevano ormai invaso la casa.

All’origine del gesto un debito da 2000 euro

All’origine del gesto pare che ci fossero alcuni pagamenti insoluti col condominio, una somma che ammonterebbe a circa 2000 euro. L’omicida aveva paura che la madre scoprisse il debito, ormai impossibile da nascondere. Un segreto che non riusciva a confessarle. L’uomo infatti non lavorava e viveva da sempre con la madre e della sua pensione. Sembra che il 61enne non avesse mai dato segni di debolezza e che non avesse difficoltà psichiche. 

Il racconto dell’omicidio: l’anziana mamma chiusa in un sacco e cementata

Repubblica ha pubblicato una parte dell’interrogatorio di Barberio. “Erano le cinque del mattino, mia madre si è alzata, è andata in cucina a preparare il caffè, io ero in dormiveglia, ho sentito che stava là, le ho dato il buongiorno. Ho visto che c’era il coltello e sono partito. Non c’è un motivo per cui l’ho fatto quel giorno. Ho visto il coltello sul bordo del lavabo, lei si è voltata per fare il caffè e io, da dietro, l’ho colpita tre volte, sul lato destro”.

Barberio prosegue con il macabro racconto: “Lei si è accasciata, aveva gli occhi aperti ed io glieli ho chiusi. Poi sono rimasto lì per un attimo, non sapevo cosa fare, ho cercato di dare una pulita, ho preso i sacchi e utilizzando un tappeto come base l’ho messa dentro un armadio nella sua camera. I giorni trascorsi dopo il fatto sono stati difficili”. 

Il racconto è avvenuto davanti ai Carabinieri della stazione di Montespaccato, della compagnia Trastevere, al pm Maria Gabriella Fazi e al suo avvocato Giancarlo Rizzo. L’omicidio della mamma è avvenuto 11 giorni prima.

Ma perché l’ha uccisa? gli domandano i Carabinieri. “Percepiva una pensione di 700 euro e avevamo accumulato un debito da 2.000 euro. Cercavo di sistemare la situazione economica ma era diventata insostenibile e difficilmente risolvibile. Quindi l’ho uccisa perché lei non sapeva nulla e non volevo che lo sapesse(…)”. 

Barberio racconta di aver ucciso la madre il 19 settembre in cucina. La donna è stata poi messa in due sacchi neri e portata nella sua camera da letto. Qui è stata messa nell’armadio: “L’ho adagiata su un tappeto. Dopo due, tre giorni sono cominciati gli odori e quindi, poi ho messo prima la plastica bianca, quella che si usa per riparare. Ho sigillato sia l’armadio che la porta della camera, ho messo tre strati, prima la plastica bianca e poi quella nera, sia sulla porta che sull’armadio, poi ho utilizzato anche del cemento. Il materiale utilizzato l’avevo a casa”.

“Non so perché l’ho fatto”

Barberio durante l’interrogatorio piange. Poi prosegue il suo racconto: “Non so manco io perché ho compiuto questo gesto. Ripeto, non so manco io perché l’ho fatto, sono consapevole di non aver risolto nulla. In questi giorni, mi alzavo, uscivo, poi rientravo, ma ad un certo punto ho pensato che non avesse senso tenerla rinchiusa lì. Allora ho deciso di chiamare i carabinieri per farla finita, non aveva senso proseguire(…)”. 

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Lorenzo Briotti

Sono nato a Roma nel 1974 e sono giornalista professionista. Le mie grandi passioni sono la musica rock degli anni 60 e 70 e la radio a cui ho dedicato anche un libro. A Blitz sono arrivato due mesi dopo l’apertura e per diversi anni mi sono occupato di multimedia. Credo fermamente che l’intelligenza artificiale e il social di turno non riuscirà mai a distruggere la nostra splendida professione.

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