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Uccise la sorella, massacrato di botte in carcere nella sezione “detenuti protetti”

Uccise la sorella, massacrato di botte in carcere nella sezione “detenuti protetti”. Alberto Scagni, condannato per l’omicidio della sorella Alice, è stato sequestrato e picchiato la scorsa notte da due detenuti maghrebini nella cella del carcere di Sanremo. Il magistrato di turno ha ordinato alla polizia penitenziaria l’intervento con l’utilizzo della forza e Scagni è stato salvato. I due detenuti maghrebini sono stati arrestati per tentato omicidio e sequestro di persona. Scagni, che era già stato picchiato in carcere a Genova Marassi, è stato trasferito nel pronto soccorso di un ospedale in condizioni critiche.

Secondo quanto appreso, i due detenuti maghrebini erano completamente ubriachi e hanno devastato la cella prima di essere fermati dalla Penitenziaria. Detenuti nella sezione del padiglione Z riservata ai detenuti ‘protetti’ (per i cui reati rischierebbero di essere malmenati dagli altri detenuti, ndr), i due sono reclusi perché condannati per violenza sessuale aggravata e si sarebbero ubriacati utilizzando l’alcol ottenuto con la macerazione della frutta. Non è escluso che, come la prima volta, Scagni sia stato massacrato di botte per il reato commesso anche se non si hanno conferme in tal senso. La prima volta all’origine del pestaggio avvenuto nel carcere di Genova Marassi, il detenuto che l’ha picchiato aveva trovato un ritaglio di giornale che riportava la condanna per l’omicidio della sorella. Secondo quanto appreso, nella colluttazione cui ha seguito l’arresto dei due un poliziotto ha riportato la frattura di due costole ed è stato refertato con 21 giorni di prognosi.

Le parole del legale di Alberto Scagni

“Andrò in ospedale a trovare il mio assistito non appena i medici me lo consentiranno. E’ in condizioni critiche”. Lo ha detto l’avvocato Mirko Bertoli di Chiavari che difende Alberto Scagni, l’uomo condannato per l’omicidio della sorella che ha subito un pestaggio in carcere a Sanremo. “Alberto è stato vittima di una brutale aggressione – spiega Bettoli – da parte di due detenuti maghrebini che si trovavano in cella con lui. Gli hanno fratturato le ossa della faccia e ha ferite in tutto il corpo. In questo momento sta subendo alcuni interventi da parte dei chirurghi del reparto maxillofacciale e quindi è sedato. Ma sarà mia cura capire i motivi di questo pestaggio che si è risolto – sottolinea Bertoli – con l’intervento del personale di polizia penitenziaria”. “La procura di Imperia – ha concluso Bertoli – ha aperto un fascicolo per aggressione. Vedremo quali posizioni prendere dopo aver sentito il mio assistito”.

L’appello alla politica della madre di Alice

“La vicenda di Giulia mi ha restituito la rabbia necessaria per lottare. Molti esponenti illustri di autorità istituzionali trovano modo di intervenire per rassicurare l’opinione pubblica sulla determinazione dello Stato a perseguire i femminicidi. Il ministro Salvini in testa. Carcere a vita per i responsabili. Buttiamo via le chiavi. Pensiamo forse che così abbiamo risolto tutti problemi?”. A dirlo è Antonella Zarri, la mamma di Alberto, l’uomo che ha ucciso la sorella Alice il primo maggio 2022 a Quinto. Alberto la scorsa notte è stato aggredito nel carcere di Sanremo da due compagni di cella.

“A tutti i responsabili dei femminicidi – continua la madre – vengono giustamente inflitte pene pesanti come è giusto che sia. Lo Stato in questo modo può dirsi libero da ogni responsabilità? Assolutamente no. Ascolto con grande amarezza i consigli che una poliziotta offre alle donne ed alle loro famiglie nei servizi televisivi. Raccomandano attenzioni ai primi segni premonitori di queste tragedie che devono essere subito rappresentati alle forze dell’ordine che debbono immediatamente intervenire”. “Ma provo tanta amarezza perché non posso non pensare alle infinite telefonate, denunce e richieste di aiuto che io e mio marito abbiamo fatto invano ad autorità sanitarie e di Polizia. Il femminicidio di mia figlia Alice è stato ampiamente annunciato ma i nostri appelli sono rimasti inascoltati. Oggi, l’omicida di mia figlia, è stato ancora una volta pestato in carcere. Questa volta in modo brutale. Per i politici qualunque cosa accada è colpa degli altri, persino delle famiglie stesse delle vittime”.

Silvia Di Pasquale

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