A Dubai corna e violenza tornano alla ribalta, si parla di nuovo della doppia immagine (e sottostante doppia realtà) dello sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, uno degli uomini più ricchi del mondo, leader di una crescita straordinaria del suo piccolo emirato.
The Runaway Princesses” è un podcast del New Yorker, in cui Heidi Blake espone la difficile situazione delle donne reali di Dubai.
Mohammed bin Rashid Al Maktoum, scrive il New Yorker, è stato celebrato per aver modernizzato gli Emirati Arabi Uniti. Pubblicamente, sostiene l’uguaglianza di genere e si è impegnato a “rimuovere tutti gli ostacoli che le donne devono affrontare”. Ma per sua figlia Latifa, Dubai era una “prigione”, un’opulenta gabbia dove lei e altre donne reali erano sottoposte a dure punizioni per la disobbedienza”.
Nel corso di diversi anni, Latifa ha ideato un piano segreto per fuggire dal paese via mare, allenandosi in sport estremi e contrabbandando denaro ai cospiratori. Ma nel febbraio 2018, mentre Latifa tentava la fuga, i commando hanno preso d’assalto lo yacht che aveva noleggiato per portarla in acque internazionali, e hanno portato via Latifa.
La principessa ha definito suo padre un “grande criminale” responsabile della tortura delle donne che hanno cercato di sfuggire al suo controllo. (Lo sceicco Mohammed ha negato qualsiasi addebito.)
Come poi abbia potuto la donna prigioniera nella gabbia seppur dorata organizzare tutto questo senz che il padre se ne accorgesse resta un mistero.
Heidi Blake scrive: “Ho annotato per la prima volta il nome del sovrano di Dubai, lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, sei anni fa. All’epoca, stavo scavando in una storia diversa – un’ondata di sospetti omicidi russi nel Regno Unito che le autorità britanniche avevano apparentemente nascosto sotto il tappeto – e stavo parlando con un detective in pensione di Scotland Yard i cui sforzi per indagare su una delle morti era stato ridotto. Questo tipo di ingerenza politica era molto insolita.
“Gli era successo solo una volta nella sua lunga carriera, in un caso che coinvolgeva il sovrano di Dubai. Nel 2001, una prostituta ventenne era fuggita dalla residenza estiva dello sceicco Mohammed nel Surrey, fuori Londra, e si era avvicinata alla polizia locale, sostenendo di essere stata tenuta prigioniera e violentata ripetutamente da un membro della famiglia reale di Dubai. Ma quando il detective ha deciso di indagare, ha ricevuto una chiamata dalla sezione speciale, che gli ordinava di dimettersi. La questione era stata chiarita “da governo a governo”, gli fu detto, e le accuse della donna sarebbero state “tutte spazzate via”. È stata una storia straziante, e mi è tornata in mente l’anno successivo, quando ho letto che un’altra donna aveva cercato di sfuggire al controllo di Sheikh Mohammed. Questa volta la fuggitiva era una principessa, Latifa, la figlia trentaduenne di Mohammed.
Mohammed ha negato di aver rapito una delle sue figlie, definendo il ritorno di Latifa a Dubai “una missione di salvataggio”.
Perché le donne attorno a Sheikh Mohammed continuavano a cercare di scappare? Cosa è successo loro quando sono stati catturati? E perché i governi occidentali erano così disposti a guardare dall’altra parte?
Anche se si è rivelato impossibile parlare direttamente con le principesse, Heidi Blake è riuscita a mettere insieme un resoconto dettagliato delle loro esperienze da migliaia di lettere, messaggi di testo, registri audio, e i diari video che ho ottenuto, che forniscono uno sguardo raro dietro le mura del palazzo e rivelano la sorprendente crudeltà di Sheikh Mohammed. Ex funzionari di polizia e governativi mi hanno raccontato di come due donne reali siano state rapite dal suolo britannico in pieno giorno e nella totale impunità. E i membri dello staff personale di Sheikh Mohammed hanno descritto come auto cariche di prostitute venivano portate nelle sue residenze notte dopo notte, a volte lasciandole malconce e in lacrime.
In parallelo c’è la storia della principessa Haya che ha sposato lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, vicepresidente e primo ministro degli Emirati Arabi Uniti e sovrano di Dubai, come sua seconda e giovane moglie nel 2004. La cerimonia del matrimonio si è tenuta presso il Palazzo al-Baraka ad Amman, perché Haya è figlia del defunto re di Giordania, Hussein, e sorella dell’attuale re, ʿAbd Allāh II ibn al-Ḥusayn.
Anche lei è risultata vittima della crudeltà dello sceicco anche se gliela ha fatta pagare nel modo più crudele, tradendolo.
Dopo essere fuggita da Dubai con i due figli, vive a Londra, in una casa nei giardini di Kensington Palace. In qualità di inviata dell’Ambasciata di Giordania, può rimanere nel Regno Unito e le viene concessa l’immunità diplomatica e la protezione ai sensi della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche.
Mohammed si è a sua volta vendicato pubblicando una poesia su Instagram, in arabo e inglese, accusando sua moglie di tradimento e tradimento e anche minacciandola. Lo sceicco pare ami scrivere poesie, sul modello del sultano Solimano il magnifico.
La poesia è intitolata “Vivi e muori”:
“Alcuni errori sono conosciuti come tradimenti, e tu hai trasgredito e tradito”,
“Traditrice, hai tradito la fiducia più preziosa, hai messo a nudo i tuoi giochi e la tua natura”.
“Non hai più posto dentro di me, vai da chi ti ha tenuto occupato”
“Non mi interessa se vivi o muori”.
Pare proprio che tradimento ci sia stato, con la guardia del corpo, un classico. Ma il marito tradito non si è limitato alla poesia.
L’Alta Corte di giustizia inglese ha saccertato che la principessa Haya ha prelevato 8,8 milioni di dollari dai conti bancari di uno dei suoi figli e ha dato quei soldi al suo personale di sicurezza per mantenere segreta la sua relazione con la sua guardia del corpo.
L’Alta Corte ha però anche riconosciuto che lo sceicco Mohammed aveva condotto una campagna, con vari mezzi, con l’obiettivo di molestare, intimidire o altrimenti mettere in grande paura la principessa Haya dalla fine del 2018. La principessa Haya è stata sottoposta a intimidazioni e abusi, compreso il fatto che le fosse stata posizionata due volte una pistola sul cuscino e la minaccia di essere portata in una prigione remota.
L’Alta Corte ha anche accertato che gli agenti dello sceicco Mohammed hanno utilizzato lo spyware Pegasus per hackerare i telefoni della principessa Haya, dei suoi avvocati, tra cui la baronessa Fiona Shackleton, un’assistente personale e due membri della sua squadra di sicurezza.
E così anche la principessa Haya, come una qualunque casalinga disperata, è stata riconosciuta vittima di “abusi domestici”. Sheikh Mohammed “coerentemente ha mostrato un comportamento coercitivo e di controllo” nei confronti dei familiari che si sono comportati contro la sua volontà. Però i giudici l’hanno riempita di soldi.
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