E’ finito sulle sabbie infuocate del deserto sotto i colpi d’arma da fuoco delle guardie di frontiera saudite il viaggio della speranza di centinaia, forse migliaia, di migranti per lo più etiopici che hanno arrancato per mesi lungo una delle rotte più pericolose del mondo.
Una sorta di sadico tiro al piccione dei militari di Riad, racconta un rapporto di Human Rights Watch (Hrw), che lasciano marcire i cadaveri sotto il sole o, nel migliore dei casi, sparano alle gambe da distanza ravvicinata non prima di aver chiesto a gente stanca, affamata e indifesa su quale arto vuole essere colpita.
L’odissea inizia dalle aree remote del Corno d’Africa, si snoda fino a Gibuti e poi su barche di fortuna attraverso lo stretto di Bab el-Mandeb (nome che in italiano suona sinistramente come ‘Luogo del lamento funebre’) tra il mar Rosso e il Golfo di Aden, attraverso lo Yemen sconvolto dalla guerra per finire nei lager gestiti da trafficanti che fanno capo ai ribelli Houthi e poi tentare la sorte.
Son oltre 200 mila ogni anno i migranti su questa rotta, secondo L’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim). “Ho visto persone uccise in un modo che non avrei mai immaginato”, ha raccontato ai ricercatori di Human Rights Watch Hamdiya, una ragazza di 14 anni che è riuscita ad attraversare il confine a febbraio, “ho visto 30 persone uccise sul posto”.
C’è chi riesce a passare la frontiera, viene arrestato e poi rispedito indietro. Ma anche in questo caso non è detto che riesca a uscirne vivo. “Ci hanno caricato su un minibus, quando ci hanno rilasciato ci hanno urlato di scendere e andarcene”, ha detto Munira, 20 anni.
Spiegando che “quando eravamo a un km di distanza, le guardie di frontiera potevano vederci. Ci stavamo riposando insieme dopo aver corso molto… Ed è stato allora che hanno sparato colpi di mortaio sul nostro gruppo. Eravamo in 20 e solo 10 sono sopravvissuti”.
“Non mi sono mai imbattuta in qualcosa di simile, l’uso di esplosivi anche contro donne e bambini”, ha denunciato Nadia Hardman, capo ricercatrice di Hrw per il rapporto i cui ricercatori hanno intervistato 42 sopravvissuti e amici e parenti di chi ha tentato di entrare nel regno, analizzato 350 video e foto diffusi sui social o raccolti da altre fonti e girati tra il 12 maggio 2021 e il 18 luglio 2023.
Tra le immagini, morti, brandelli di corpi e feriti sparsi lungo le zone di confine. Ma gli orrori non finiscono qui. E’ stato documentato almeno un caso in cui le guardie di frontiera hanno costretto un giovane sopravvissuto a stuprarne un altro minacciandolo di morte.
Non si conosce il numero esatto delle vittime. Secondo Hardman, “un minimo di 655, ma è probabile che siano migliaia”. In giugno, un altro rapporto dell’Oim parlava di almeno 795 vittime “per lo più etiopi”, riporta il Guardian.
Una campagna mirata contro i migranti che, a giudizio di Hrw, potrebbe costituire un crimine contro l’umanità. Già in ottobre esperti dell’Onu avevano denunciato i massacri in una lettera al governo di Riad.
Ma i sauditi hanno risposto che “le autorità non hanno scoperto alcuna informazione o prova per confermare o comprovare le accuse”. “Abbiamo sollevato le nostre preoccupazioni su queste accuse con il governo saudita”, ha detto un portavoce del Dipartimento di Stato Usa dopo la pubblicazione del rapporto.
Che l’Onu giudica “molto inquietante”. Intanto il presidente americano Joe Biden sta valutando la possibilità di incontrare a margine del G20 di settembre in India il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, ritenuto dall’intelligence Usa il mandante dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Kashoggi.
Mentre Downing Street, scrive il Guardian, ha confermato che il premier britannico Rishi Sunak intende accogliere a Londra bin Salman “il più presto possibile”.
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