La sedicenne iraniana Nika Shakarami, scomparsa durante una manifestazione nel settembre 2022 e ritrovata morta nove giorni dopo, è stata aggredita sessualmente e uccisa da tre uomini che lavoravano per le forze di sicurezza. Emerge da un documento “altamente confidenziale” trapelato dalle stesse forze di sicurezza di cui ha preso visione la Bbc. Il governo aveva affermato che si era uccisa, ma per la famiglia la morte era stata provocata dagli agenti. “Nika è stata portata su un furgone della sicurezza, uno degli uomini l’ha molestata mentre era seduto su di lei. La ragazza ha reagito, è stata picchiata con i manganelli”. Poco prima di scomparire, Nika era stata ripresa in un video la sera del 20 settembre 2022 vicino al Laleh Park, nel centro di Teheran, in piedi su un cassonetto mentre dava fuoco all’hijab. Altri intorno a lei gridavano “morte al dittatore”, riferendosi al leader supremo dell’Iran, l‘Ayatollah Ali Khamenei. Nika Shakarami è diventata un simbolo delle proteste e della lotta delle donne in Iran, il suo nome viene gridato durante le manifestazioni contro le rigide regole del Paese sul velo obbligatorio. La famiglia dell’adolescente ha trovato il suo corpo in un obitorio nove giorni dopo la scomparsa
Nelle ultime settimane le condizioni di vita dei cittadini iraniani, in particolare delle donne, si sono fatte sempre più difficili. Come racconta all’Ansa Hasti Diyé, 39 anni, attivista iraniana, insegnante e ballerina, “dall‘uccisione di Mahsa Amini nel settembre del 2022 (la 22enne di origine curda venne uccisa perché non indossava correttamente il velo ndr) e in particolare negli ultimi mesi la pressione e la repressione del governo hanno raggiunto l’apice“. “Non c’è strada – spiega – senza furgoni della polizia: le truppe sono schierate contro le persone”. Lei stessa, di recente, è stata arrestata, “senza alcuna spiegazione”, per ben due volte: una a Teheran e una, insieme a sua sorella, sull’isola di Kish, “da sempre conosciuta per la sua bellezza, pace e libertà. Prima che potessi fare qualcosa – racconta – la polizia ha costretto me e mia sorella, nonostante la resistenza e le urla, a salire su un taxi e ha chiesto all’autista di portarci in un luogo sconosciuto”.
A quel punto sua sorella, nel disperato tentativo di salvarsi, “ha aperto la portiera dell’auto in mezzo alla strada per buttarsi fuori”. “La polizia – continua – ci ha trattenuto e ha iniziato a filmare”. Notando però che continuavano “a gridare e resistere”, non hanno cercato di fermarle nel momento in cui hanno tentato la fuga, pur non mancando di sottolineare che “avevano i nostri filmati e che la prossima volta saremo state imprigionate”. Se lei, dopo l’episodio, si è ripresa, altrettanto non si può dire di sua sorella.
“Da circa un mese – spiega Hasti – si è ammalata gravemente. Ha paura di uscire di casa, temendo per le sue due figlie adolescenti. È stato uno shock enorme per lei“. Quanto subito da lei e sua sorella è, tuttavia, tutt’altro che insolito. Come specifica Hasti, infatti, “il governo, per intimidire le persone, impone pesanti multe, picchia e maltratta le donne, condanna a morte e uccide. Il colpo più pesante di questi mesi – aggiunge – è stata la condanna a morte del rapper e critico del governo, Toomaj Salehi”. Tra i tanti arresti, di cui è difficile “dare un numero esatto perché sono troppi”, anche quello della “sorella di Nika Shakrami, una delle vittime della rivoluzione di Mahsa”.
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