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La ricerca dell’immortalità, il miliardario Bryan Johnson si è fatto iniettare il plasma del figlio per restare giovane

I miliardari e la ricerca dell’immortalità. Fino a poco tempo fa, Bryan Johnson pagava centinaia di migliaia di dollari per farsi iniettare ogni mese un litro del plasma di suo figlio adolescente. La ricerca dell’immortalità è una sfida che appassiona tanti miliardari, pronti a tutto pur di allungare la propria vita. Come il 46enne Paperone americano nato nello Utah, imprenditore del settore hi-tech, che ha raccontato la sua storia nel nuovo podcast The Immortals. Johnson ha anche fatto iniettare il proprio plasma nel corpo del padre settantenne per aiutarlo a migliorare la sua salute fisica e cognitiva in declino.

La ricerca dell’immortalità, il miliardario Bryan Johnson si è fatto iniettare il plasma del figlio per restare giovane. E non è andata proprio bene

“È stato uno dei momenti più significativi di tutta la sua vita. E per me è stato lo stesso”, ha spiegato. Lui, invece, si è fatto iniettare quello del figlio Talmage, di 17 anni. Il suo nutrito team di oltre 30 medici ha approvato il protocollo come un modo per influenzare potenzialmente il declino cerebrale legato all’età. A luglio, tuttavia, il miliardario ha dovuto ammettere che non c’era “nessun beneficio” dopo aver controllato una serie di biomarcatori presenti nei suoi fluidi. Su X ha spiegato di essersi sottoposto a sei “scambi di plasma giovane” del figlio da 1 litro, concludendo che “può essere utile per le popolazioni biologicamente più anziane o per determinate condizioni”, ma “nel mio caso i benefici non si sommano ai miei interventi esistenti”.

Intanto, comunque, Johnson continua a pagare 2 milioni di dollari all’anno per un gruppo di ricerca incaricato di indagare su come possiamo vivere più a lungo. E non è l’unico a cercare l’immortalità, visto che secondo il giornalista tecnologico e psicologo Aleks Krotoski, quella che era un’idea marginale si sta diffondendo. Le trasfusioni di plasma per prevenire l’invecchiamento sono diventate realtà nel 2017 con la startup di Jesse Karmazin Ambrosia, e la procedura, ha spiegato, “si è radicata nella Silicon Valley, soprattutto perché la tecnologia è diventata così avanzata negli ultimi cinque anni”.

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