La situazione descritta è davvero allarmante e solleva serie preoccupazioni riguardo alla sicurezza delle risorse idriche nel Regno Unito. L’inquinamento delle acque, la presenza di batteri patogeni e sostanze chimiche nocive rappresentano gravi rischi per la salute pubblica e l’ambiente. È evidente che le attuali pratiche di gestione delle risorse idriche non siano sufficienti per affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico e dalla crescente pressione antropica sull’ambiente. La privatizzazione delle aziende idriche, avvenuta negli anni ’80 sotto il governo di Margaret Thatcher, sembra aver favorito l’interesse per il profitto a discapito della sicurezza e della qualità dell’acqua potabile.
In questi giorni agli abitanti del Devon, la regione alle porte della Cornovaglia, è stato detto di bollire l’acqua del rubinetto dopo che si sono verificati decine di casi di dissenteria dovuti alla presenza del batterio dell’e. coli. E nelle stesse ore si è scoperto che nel lago Windermere, il più bello e famoso d’Inghilterra, situato nel Lake District al confine con la Scozia, sono state riversate milioni di tonnellate di scarichi fognari. Ma già qualche mese fa, alla storica regata Oxford-Cambridge sul Tamigi, i vogatori si erano sentiti male tanto il fiume che attraversa Londra è inquinato.
La richiesta di ri-nazionalizzazione dell’industria idrica, avanzata da alcuni membri dell’opposizione, potrebbe essere considerata come una possibile soluzione per garantire un migliore controllo e una gestione più responsabile delle risorse idriche. Tuttavia, è chiaro che è necessario un approccio più ampio e sistematico per affrontare la crisi idrica nel Regno Unito, che includa investimenti nelle infrastrutture idriche, politiche ambientali più stringenti e un maggior coinvolgimento della comunità nella gestione sostenibile delle risorse idriche.