Nuovo orrore in Iran : 74 frustate ad una donna per il rifiuto di portare il velo. Lei ha ammesso:”Non ho contato i colpi, cantavo per le donne, per la vita”.
Sta facendo il giro del mondo la storia di Roya Heshmati, 33 anni, attivista di Teheran, che ha diffuso una sua foto senza l’hijab, il velo che cela allo sguardo (lo raccomanda il Corano, il testo sacro dell’Islam, il messaggio che Dio ha rivelato a Maometto).
Apriti cielo! Non si scherza. La Polizia morale o Polizia religiosa – l’arma del regime teocratico contro le donne – vede e provvede. E non fa sconti a nessuno. Tutte le etnie sono trattate allo stesso modo, persiani doc e curdi. Intransigenti fino all’osso.
UNA CAMERA DI TORTURA MEDIOEVALE
Era il 3 gennaio quando Roya è stata portata in quella che lei ha definito “ una camera di tortura medioevale”. Racconta:” La porta di ferro si è aperta cigolando, rivelando una stanza con pareti di cemento. Nel letto della tortura, dotato di manette e fasce di ferro saldate su entrambi i lati, mi hanno fatta sdraiare per colpirmi meglio”.
E poi aggiunto:” Hanno cominciato a frustarmi le spalle, la schiena, i fianchi, le cosce, le gambe con un nerbo di cuoio nero. L’ufficiale incaricato di eseguire la pena si è avvolto due volte il nerbo attorno alla mano perché la presa fosse più sicura, più ferma, più dolorosa.”
Su quel letto, nella prima sezione della Procura del Settimo Distretto a Teheran, Roya prima di essere sdraiata e ammanettata, è stata costretta a mettere in testa il velo; operazione eseguita da una donna in chador (dipendente del tribunale).
ALTRE DONNE NEL MIRINO DEGLI AYATOLLAH
Il regime da luglio ha rinforzato le truppe della polizia morale, e molte donne sono state pizzicate senza il velo in pubblico.
A settembre ad esempio, un’altra donna in Iran, l’ingegnere Zaynab Kazemi si è tolta il velo in pubblico per protesta durante un evento (privato) organizzato dagli ingegneri di Teheran. Il video, prontamente diffuso, è diventato virale. Anche Zaynab era stata condannata a 74 frustate con la pena sospesa per 5 anni in assenza della reiterazione del reato.
La scure della legge si è abbattuta in Iran in questi ultimi mesi anche su diverse attrici apparse in pubblico senza velo. A queste attrici è stato vietato di proseguire il lavoro. Tutto sommato sono state donne fortunate in un sistema in cui, sotto i colpi della polizia morale, sono cadute decine, forse centinaia, di donne. Due donne in particolare colpite dalle sanzioni della polizia religiosa sono diventate il simbolo della protesta femminile.
Due ragazze resistenti e impavide: Mahsa Amini e Armita Geravand, entrambe morte per le percosse ricevute dopo l’arresto perché non indossavano correttamente il velo. Mahsa, 23 anni, è morta nel settembre 2022; Amita, 17 anni, è deceduta nell’ottobre 2023 dopo 28 giorni di coma per un trauma cranico subito nella metropolitana di Teheran nella quale era entrata senza velo provocando l’ira – almeno secondo i testimoni- della polizia morale che l’ha spintonata con violenza facendola cadere a terra e poi arrestata.
A rappresentare tutte le donne iraniane c’è Nerges Moahammad, 51 anni, due figli, premio Nobel per la Pace 2023 e icona della campagna contro l’obbligo del velo. Ma Nerges non ha potuto ritirare il premio (11 dicembre) perché rinchiusa nella prigione di Evin. Al suo posto, nel municipio di Oslo, una sedia vuota. Sullo sfondo un suo ritratto, il volto incorniciato da riccioli scuri. Ovviamente senza velo. Anche questo video ha fatto il giro del Mondo con gran dispetto degli Ayatollah.