Ilaria Salis resta in carcere in Ungheria e continua ad essere portata alle udienze in catene. Tutto questo accade mentre Zoltan Kovacs, il portavoce del Governo ungherese, interviene sul processo che vede imputata la donna italiana, accusata di aver aggredito dei militanti di estrema destra. Accusa portata avanti malgrado fin da subito siano emerse delle evidenti incongruenze. Nel video che inchioderebbe la 39enne italiana alle sue responsabilità, gli aggressori sono tutti a volto coperto. Visto il modo in cui si è proceduto fino ad ora, sorgono seri dubbi che la Salis possa riuscire a dimostrare la sua innocenza. Leggendo infatti toni dei politici ungheresi ed anche il modo in cui vengono costruite le accuse, sorge davvero il dubbio che un verdetto sia già stato scritto.
Kovacs, in un post su X chiarisce intanto che “nessuno, nessun gruppo di estrema sinistra dovrebbe vedere l’Ungheria come una sorta di ring di pugilato dove arrivare e pianificare di picchiare qualcuno a morte. E no, nessuna richiesta diretta da parte del Governo italiano (o di qualsiasi altro importante mezzo di informazione) al Governo ungherese renderà più semplice difendere la causa di Salis, perché il governo, come in qualsiasi altra democrazia moderna, non ha alcun controllo sui tribunali”.
Toni non certo distensivi e che portano il padre di Ilaria Salis ad avere dei dubbi più che legittimi. A tal proposito, Roberto Salis parla infatti di un “regime in cui i diritti civili e la separazione dei poteri e lo stato di diritto vengono completamente superati da una spiccata tendenza alla tirannide“. Le parole del padre di Ilaria Salis sono avvalorate da numerose dichiarazioni di Orban e della politica ungherese. Dichiarazioni contro lo Stato di diritto che in questi anni hanno fatto infuriare l’Unione Europea che ha deciso più volte di bloccare fondi e avviare procedure di infrazione proprio verso l’Ungheria.
Per capire di cosa stiamo parlando, e che non si tratta affatto di un fuoco di paglia, ecco cosa prevede la legge sulla difesa della sovranità nazionale approvata dal Parlamento ungherese il 12 dicembre scorso. Legge subito contestata dall’Unione Europea. Il nuovo organismo previsto in Ungheria ha il compito di indagare sulle attività svolte nell’interesse di un altro Stato o di un altro soggetto, un’organizzazione o una persona fisica straniera, qualora possano violare o compromettere la sovranità dell’Ungheria. Possono essere attenzionate pure le organizzazioni che utilizzano finanziamenti esteri e che svolgono attività tali da influenzare l’esito delle elezioni ungheresi. Un modo di legiferare decisamente inquietante che mette fuorigioco Ong e organizzazioni estere come Amnesty International che, a titolo di esempio potrebbe chiedere conto al governo ungherese a proposito della mancanza delle garanzie dei detenuti (vedi proprio il caso di Ilaria Salis).
La legge presenta dei punti di contatto con la legge entrata in vigore nel 2022 in Russia sui cosiddetti “agenti stranieri“. In quel caso a farne le spese sono stati i giornali e le associazioni che si occupano della difesa dei diritti umani. A quanto pare, in Ungheria non siamo ormai molto lontani da una situazione del genere.
Che in Ungheria la politica possa interferire con le decisioni della magistratura lo pensano anche gli stessi ungheresi che mettono in dubbio l’indipendenza della loro magistratura. Un sondaggio che risale all’anno scorso ha messo nero su bianco questa impressione: il 90% degli ungheresi intervistati si è detto scontento della libertà del potere giudiziario, con più del 60% che ha attribuito alle pressioni politiche il peso del calo di credibilità. Orban e il suo governo possono anche provare a nascondere la polvere sotto al tappeto. I fatti, a quanto pare, dicono ben altro.
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