Nel dicembre del 1943 la Svizzera l’ha respinta in malo modo. 80 anni dopo gli elvetici le rendono onore, scusandosi. Al centro della vicenda Liliana Segre, 93 anni, senatrice a vita, antifascista, superstite dell’Olocausto, testimone attiva della Shoah (lo sterminio degli ebrei).
I fatti: Liliana aveva 13 anni quando con il papà Alberto (43 anni) – in fuga dall’Italia per sfuggire alla cattura – arrivò al confine svizzero di Mendrisio (Cantone Ticino), nel tentativo di trovare rifugio in terra elvetica. Non l’hanno fatta passare, sordi alle sue suppliche.
Di più: Liliana e suo padre furono accompagnati in Italia, “scortati con la baionetta alle spalle” e consegnati alla Guardia di finanza. Poco dopo furono fatti salire su un treno diretto al campo di concentramento nazista di Auschwitz, nella Polonia occupata, dove più di un milione di ebrei trovarono crudeltà e morte.
Ha scritto molti anni dopo Liliana Segre: “La condanna a morte di mio padre e dei cugini venne pronunciata da quell’ufficiale svizzero che ci disprezzò e rifiutò di accoglierci. I nazisti si limiteranno a metterla in pratica”. Liliana fu brutalmente respinta nel marzo del ‘43 al confine di Arzo e in conseguenza di quel rifiuto fu successivamente deportata ad Auschwitz dove fu l’unica della famiglia a sopravvivere.
Il 2 dicembre a 80 anni esatti dal suo respingimento, la senatrice ha ricevuto dal comune di Mendrisio la “distinzione comunale straordinaria quale atto simbolico commemorativo e di profondo obbligo morale nei suoi confronti”. Commenta il figlio Luciano Belli Paci: “Si è un modo per chiedere scusa”. Ed è stato proprio il figlio Luciano, classe 1958, avvocato civilista a Milano, a ricevere il riconoscimento per conto di lei.
Liliana Segre, alla recente serata organizzata dalla comunità ebraica di Milano nella sinagoga di via della Guastalla non ha voluto dire di più sull’attuale rischio di antisemitismo. Ha detto: “Non mi sento di parlare di questo argomento perché sennò mi sembra di avere vissuto invano”.
La senatrice, da giorni chiede la liberazione degli ostaggi di Hamas. Ha solo aggiunto: “Sono di una tristezza infinita”.
A Mendrisio il figlio Luciano Belli Paci ha portato il grazie della mamma dicendo: “Nessuno può negare che la Svizzera, quando era un’isola circondata da totalitarismi, sia stata terra d’asilo per migliaia di persone. Ma alcune migliaia le ha invece respinte e mandate verso un destino fatale. È il dovere di ciascuno Stato e di ciascun popolo trasmettere alle nuove generazioni una storia veritiera, che non è mai bianca o nera. Noi per primi, come italiani, abbiamo avuto ed abbiamo questo problema”.
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