Violenza coniugale, non sempre è prerogativa del maschio. Ecco un caso in cui era la moglie a picchiare il marito a sangue.
“Ancora oggi non riesco a spiegarmi perché non ho lasciato mia moglie che mi ha picchiato a sangue per 20 anni”, confessa un inglese di 46 anni dopo che la moglie è stata condannata a 4 anni di carcere. Lui confessa ora di essersi truccato per nascondere i lividi che la moglie, boss della riforma carceraria britannica, gli aveva inflitto durante le regolari percosse che lei gli infliggeva.
La donna, Sheree Spencer, madre di tre bambine e dirigente del Ministero della Giustizia, è stata condannata a quattro anni di carcere dal tribunale di Hull, nel nord dell’Inghilterra, per “il peggior caso di comportamento controllante e coercitivo” che il giudice avesse mai visto.
Nel corso del processo l’uomo ha rivissuto attraverso le parole del giudice il calvario accanto alla moglie, una donna violenta e forte bevitrice, che ha reso la sua vita un inferno. Ha detto di non provare più alcuna emozione guardando la moglie, né rabbia né paura, solo dolore per la sua famiglia di origine che era sconvolta da quanto veniva raccontato in aula e di cui non sapeva nulla.
Non è facile capire come l’uomo, intelligente, colto, laureato, abbia potuto tollerare percosse quotidiane, sputi in faccia, umiliazioni ed attacchi verbali. Così come pochi, guardando Sheree, una senior project manager del HM Prison and Probation Service che si vantava con gli amici di aver incontrato l’ex primo ministro Boris Johnson, avrebbero potuto immaginare che fosse capace di tanta crudeltà.
Richard fu anche ferito con una bottiglia di vino che gli lesionò in maniera permanente un orecchio, venne costretto a ripulire il pavimento dove lei aveva defecato, veniva colpito con qualsiasi oggetto a disposizione e pesantemente insultato ed umiliato. Tutti abusi ripresi da una telecamera di sicurezza nella stanza dei giochi dei bambini.
Un uomo completamente soggiogato che si sentiva inutile ma che oggi vuole raccontare la sua storia, certo di poter aiutare altri che vivono la sua stessa condizione. Una relazione che è andata sempre più peggiorando, molto diversa da come Richard l’aveva immaginata all’inizio.
Orfano di madre dall’età di 9 anni, Richard conosce Sheree come una donna che all’epoca sembrava gentile, divertente e che piaceva a tutti,
Sheree, originaria di Sunderland, aveva avuto un’infanzia difficile segnata da abusi che lui, amandola, voleva aiutare a superare.
Purtroppo le violenze iniziano quasi subito quando, ricorda Richard, lei eccedeva nel bere. Pronta a chiedere scusa subito dopo anche se addebitava a lui la responsabilità dei suoi attacchi d’ira. Un vero e proprio lavaggio del cervello al punto che ancora oggi non riesce a spiegarsi come, nonostante i segnali, abbia continuato la relazione, l’abbia sposata e giustificata per anni.
Un matrimonio che neppure la nascita di tre figlie, due concepite con la fecondazione in vitro e la terza naturalmente, ha calmato la donna. È stato dopo la nascita della prima bambina che Richard ha iniziato a registrare con una videocamera posizionata nella stanza dei giochi le violenze di Sheree, a fotografare le ferite sul suo corpo, spaventato dalle minacce che la donna ora rivolgeva anche alla figlia e ormai convinto di doversi in qualche modo difendere.
Voleva uscire da quella situazione infernale ma lo tratteneva l’idea di lasciare i figli in balia di una persona totalmente fuori controllo.
Un’ininterrotta catena di violenze inimmaginabili che ha turbato anche l’agente incaricato delle indagini intervenuto dopo essere stato allertato da Tony, un poliziotto militare e vecchio amico di Richard. Un intervento provvidenziale dovuto al fatto che Sheree, completamente ubriaca, l’aveva chiamato accusando Richard di maltrattamenti.
A Tony Richard ha confessato finalmente la verità, gli fa visionare i video registrati nella camera delle bambine e gli mostra le ferite vecchie e nuove sul suo corpo.
La polizia arresta Sheree e Richard non può fare a meno di pensare al dolore delle bambine e, nonostante tutta la sofferenza subita negli anni, cercava ancora di giustificare la donna con la polizia. Solo quando gli agenti gli raccontano la reazione indifferente della moglie anche davanti ai video che la accusano, Richard capisce finalmente che, per tutta la vita, era stato schiavo di una personalità perversa e prevaricatrice.
36 video, 9 registrazioni audio, 43 fotografie di abusi è il materiale consegnato alla polizia e visionato dal tribunale.
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