Cronaca

Delitto imperfetto: non era suicidio ma femminicidio. Un audio e una porta smontano l’alibi del marito

Una cintura stretta al collo, una porta chiusa apparentemente dall’interno: due elementi che per quasi un anno hanno fatto pensare ai Carabinieri di Abano Terme che Nicoleta Rotaru, 39 anni di origini moldave, due figlie piccole, un matrimonio turbolento, avesse voluto porre fine alla sua vita.

Di quella morte ora è accusato il marito Erik Zorzi

Nonostante progettasse di allontanarsi con le bambine da casa, ritenendo ormai chiuso il suo matrimonio. Tutto questo accadeva un anno fa, il 2 agosto del 2023: la svolta è avvenuta per i Carabinieri sette mesi fa. Di quella morte ora è accusato il marito Erik Zorzi, arrestato, che dovrà comparire per l’udienza preliminare il prossimo 17 settembre con l’accusa di omicidio aggravato.

Delitto imperfetto: non era suicidio ma femminicidio. Un audio e una porta smontano l’alibi del marito (foto Ansa-Blitzquotidiano)

A riscrivere completamente il copione della vicenda è stato il cellulare che la donna aveva acceso durante l’ultimo litigio. Le continue rimostranze del marito, per le quali erano già intervenuti i militari, riguardavano soprattutto il fatto che Nicoleta avesse trovato un nuovo compagno e un nuovo orizzonte di vita. Già in passato l’uomo aveva picchiato la moglie proprio per questo motivo.

La registrazione audio smonta l’alibi del marito

Nella registrazione si sente il diverbio sempre più furioso tra i due, in un crescendo di frasi offensive e umilianti, e poi i rumori inequivocabili di ansimi, di una lotta fisica, che gli investigatori hanno ritenuto compatibili con un’azione omicidiaria. A depistare le indagini era stato Zorzi, camionista padovano di 42 anni, che aveva chiamato i militari sostenendo che da due ore la moglie si era chiusa in bagno e non dava segni di vita.

Ora la ricostruzione dell’accaduto è che Zorzi, dopo aver soffocato la moglie, abbia avvolto una cintura intorno al suo collo, abbia trascinato in bagno il cadavere e, elemento fondamentale, abbia smontato e rimontato il pannello centrale della porta del bagno per chiudere la chiave dall’interno così da simulare un suicidio.

Ad allontanare i sospetti da lui vi era il fatto che sulla porta non vi sono segni di effrazione, ma i Carabinieri con una analisi approfondita hanno capito che il pannello della porta si poteva smontare con estrema facilità. Prova chiave è stata comunque la registrazione: l’uomo non aveva tenuto conto che la compagna, stanca dei continui diverbi, potesse accendere il cellulare appoggiandolo sul comodino, facendo così sentire i suoi ultimi momenti di vita.

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Francesca Ripoli