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Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, per la moglie di Agca registi furono Wojtyla e Marcinkus, esecutori i servizi

Emanuela Orlandi, domani è il 40 esimo anniversario dalla scomparsa, il 22 giugno 1983.  Il suo destino è sempre avvolto dal più fitto mistero, in cui si è inserita una serie di falsità, mitomanie e depistaggi.

Pino Nicotri ha intervistato Elena Rossi, la moglie italiana di Alì Agca, il turco che sparò, senza ucciderlo, a papa Wojtyla Giovanni Paolo II, figura costante nella leggenda di Emanuela.L’intervista è molto lunga (oltre 7 mila parole). La abbiamo divisa in 6 puntate, ecco le prime tre, uscite on line a partire da domenica 11 giugno

Emanuela Orlandi 40 anni dopo, per la moglie italiana di Agca la pista bulgaro-sovietica montatura: cercate a Roma 

Emanuela Orlandi, per la moglie di Agca la pista che porta in Vaticano è falsa, come quelle islamica e bulgara

Emanuela Orlandi, la scomparsa legata alle morti di Calvi e Sindona? La pista dei soldi nel mirino di Elena Rossi

Pino Nicotri chiede.

 Wojtyla col giornalista Indro Montanelli, invitato a cena, accennò a un “garbuglio molto grosso”.

Risposta di Elena Rossi.

Era un “garbuglio molto grosso”. Diversamente da quanto dichiarato da Wojtyla a Montanelli, non riguardava i mandanti dell’attentato alla sua persona, bensì successivo all’attentato, creato da lui stesso e tutto imperniato sulla sua fissazione politica e religiosa di porre fine all’Impero del male.

Per come la vedo io, di questo garbuglio fanno parte la falsa Pista bulgara, il sequestro Mirella Gregori-Emanuela Orlandi, la morte di Calvi, della segretaria di Calvi, di Sindona, il crack dell’Ambrosiano, e forse anche il caso Estermann. La nota guardia svizzera infatti, lungi dall’essere una spia della Stasi, come voleva Imposimato, pare fosse invece un emissario di Wojtyla a Danzica per la questione Solidarność.

Perché Agca insiste a promettere il ritorno a casa di Emanuela se lui con la scomparsa della ragazza non c’entra nulla? Il 10 di questo mese di maggio il giornalista di successo nonché più volte eletto in parlamento Paolo Guzzanti ha scritto: “Nel 2006 dalla cella del suo carcere in Turchia, Ali Agca, l’attentatore del Papa, mi scrisse una lettera manoscritta: “Se lei, Presidente Guzzanti, mi farà uscire da questo carcere, io le prometto di consegnarle viva Emanuela Orlandi””.

Agca lo chiama Presidente perché Guzzanti era presidente della commissione parlamentare d’inchiesta che ha indagato sulle attività fino al 1984 del KGB. In seguito Agca ha incontrato Pietro Orlandi in Turchia e aveva promesso che Emanuela sarebbe tornata a casa “prima della fine dell’estate”. 

La posizione di Guzzanti, Presidente della Mitrokhin, legato a Forza Italia, è ben nota: «Il Kgb sovietico ordinò l’attentato a papa Wojtyla, gli 007 bulgari lo eseguirono, la Stasi collaborò».

E sia ben chiaro che dalle carte della Stasi non emerse mai nulla che provava il coinvolgimento del blocco sovietico nell’attentato al Papa. La Mitrokhin fu l’ultimo estremo tentativo di “şalvare la faccia ” da parte di una certa Italia coinvolta in “atto di guerra in tempo di pace” contro la Bulgaria (e non il contrario, come sostenne Lagorio)!

La lettera di Ali Ağca a Guzzanti fu una mossa infelice, dettata dal desiderio di uscire dal carcere, dove si trovava ormai da 25 anni! Umanamente comprensibile, credo. In qualche modo si attaccò a qualcosa che gli era stato promesso più volte in passato. Pensiamo ad esempio alla Sterling che, durante il processo, gli gridò in turco «non tradire perché verrai scambiato con Emanuela Orlandi….»

Insomma, la pista “comunista” è una bufala.

Se la pista internazionale è una bufala, non lo è, secondo noi, la pista politica. A rapire Mirella Gregori  ed Emanuela Orlandi non furono i “complici” inesistenti di Ağca nell’attentato, bensì gli artefici della falsa Pista bulgara e suoi suggerito della stessa. La regia non può essere che della “coppia reggente” Wojtyla/Marcinkus, mentre gli esecutori materiali i Servizi vaticani, uomini della gendarmeria, più, molto probabilmente, elementi di Gladio, che hanno lavorato molto bene, senza lasciare alcuna traccia.

Sul versante italiano, uomini interni alle istituzioni, portarono avanti l’operazione.  Chi parlò per primo di ” terrorismo internazionale ” per il caso Orlandi? Wojtyla a casa della famiglia Orlandi nel dicembre ‘83.

Pochi giorni prima di visitare Ali Ağca in carcere, Giovanni Paolo II si recò dalla famiglia Orlandi, affermando che «il rapimento di Emanuela era purtroppo un caso di terrorismo internazionale». Gli appelli pubblici che fece in favore delle ragazze, durante i quali sostenne per primo che si trattava di sequestro di persona, quando ancora tutti pensavano che si trattasse di semplice sparizione, furono pura messinscena a beneficio dell’opinione pubblica e soprattutto del Presidente Pertini.

Agca sostiene che Emanuela – ma anche Mirella Gregori – è stata rapita per ordine di Papa Wojtyla e che fin da subito vive in un convento di monache. Ma come fa Agca a sapere o meglio a dire queste cose?

Lo dice perché conosce quella storia “dall’interno” fin dall’inizio. I rapitori chiesero la “sua” liberazione e non quella di qualcun altro…. In carcere, figure molto istituzionali, gli dissero che «Mirella ed Emanuela erano state rapite dai capi del Cristianesimo per ottenere la sua liberazione» in cambio dell’ accusa al blocco sovietico per l’attentato al Papa.

E chi era in Vaticano ad avercela con l’Unione Sovietica? Certamente non il segretario di Stato cardinal Casaroli e il suo “clan di Faenza” favorevoli al dialogo con il Cremlino. La volontà di uno scontro frontale con Mosca era propria di papa Wojtyla e dei suoi fedelissimi, soprattutto i polacchi dei quali si era circondato, Dziwisz in testa e ovviamente monsignor Marcinkus, di origini lituane e quindi anch’egli slavo, legato alla CIA, alla P2 e alla mafia americana.

Marcinkus guardia privata del Papa, capo dello Ior e nominato da Wojtyla anche governatore dello Stato vaticano. Anti comunista anche l’Opus Dei, potente forza ultraconservatrice, che nel novembre 1982 ottenne da Wojtyla la prelatura personale nonché, nel 2002, la canonizzazione del loro fondatore Escrivà de Boulangeur, che era stato molto legato al generalissimo Franco. Se non erano fascisti a Wojtyla non piacevano!

L’Opus Dei è un po’ come il prezzemolo: in quasi tutte le minestre.

L’Opus è stata una presenza costante nella vita carceraria di Ali e penso che qualcuno ci sia anche adesso. Non dimentichiamo che dopo l’attentato, il Papa martire e “miracolato” dalla Madonna di Fatima esercitava un potere quasi assoluto in Vaticano, non cadeva una foglia senza il suo consenso. Wojtyla era un vero leader, determinato e molto autoritario che non ammetteva repliche! Era solo lui a prendere ogni decisione importante, tutti gli altri gli dovevano obbedienza assoluta. La forza di papa Woytjla dipendeva anche dal consenso popolare riscosso tra i fedeli di tutto il mondo, era molto amato dalle folle, ma tutti i leader populisti lo sono, per definizione !  

Vale la pena ricordare, che attraverso il Banco Ambrosiano del povero Calvi, Marcinkus, su ordine di Wojtyla, finanziò il sindacato cattolico polacco Solidarność  per oltre mille miliardi delle vecchie lire e che allo stesso modo sostenne insieme alla loggia P2 e alla CIA le peggiori dittature sudamericane in chiave anticomunista, arrivando anche a finanziare il traffico di armi. Non qualche cassa di mitragliatrici ai Contras nicaraguensi, ma navi militari, missili, elicotteri da guerra ecc…sempre solo a favore delle dittature e dei gruppi di estrema destra!  

Giovanni Paolo II si sarebbe alleato anche con Jack lo Squartatore purché antimarxista.

E in effetti lo fece, accordando la propria amicizia e le proprie benedizioni a dittatori come Pinochet o a mostri come Marcel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo.

Allora chi potevano mai essere quei “capi del cristianesimo”, così interessati ad accusare Mosca ?! Se adesso fosse vivo, Giovanni Paolo II darebbe nuovamente fondo alle casse dello IOR pur di finanziare Zelensky. Non a caso Giorgia Meloni è molto devota al “Santo subito”.   

Mentirono ad Ali Ağca, “adoperando” semplicemente le sparizioni delle due ragazze per i loro giochi politici? Così come le disse l’avvocato Egidio durante un’intervista telefonica? Forse si o forse no. L’Egidio era legato al Sisde come Pietro D’Ovidio! Era davvero affidabile? Se si, allora che cosa sapevano sulla reale sorte delle due ragazze coloro che “adoperarono” questi casi?

Lei che risposte dà a queste sue domande?

Aggiungo: si mossero alla cieca o sapevano esattamente che le due ragazze non sarebbero potute rispuntare improvvisamente nel bel mezzo delle finte trattative? (Prima che sia troppo tardi, data l’età, coloro che ancora campano, bisogna che vengano sentiti !!!) Sta di fatto che poco dopo la sparizione di Mirella Gregori, ad Ali venne mostrata la fotocopia della denuncia di scomparsa della ragazza quando ancora nessuno ne aveva parlato. Gli venne detto che quella era «una prova della buona volontà del governo Vaticano per fargli ottenere la grazia da Pertini».

Mirella, ricordiamolo, era cittadina italiana, e la sua famiglia venne mandata varie volte dai rapitori a chiedere la grazia per Alì Ağca al Presidente della Repubblica.

Poi c’è la questione del codice 158, concordato tra il Vaticano e i rapitori. Sono state date diverse interpretazioni di tale codice, ma nessuna corretta. Esso riguarda Ali, la sua persona, e questo gli venne fatto ben notare. Questi sono dati di fatto imprescindibili, anche se copiosamente adombrati dall’azione depistante degli innumerevoli millantatori e mistificatori che si sono succeduti nel corso del tempo per ragioni economiche, editoriali o per semplice desiderio di protagonismo: Minardi, Accetti, Mancini, Neroni ( che certamente sapeva di essere registrato) ecc.

Sia ben chiaro che Ali non può essere in alcun modo considerato complice del sequestro delle ragazze nemmeno indirettamente.

Pino Nicotri

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