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Emanuela Orlandi, pro memoria per la Commissione: la pantomima della pista inglese, vecchia di 13 anni

Emanuela Orlandi, pro memoria per la Commissione: il mistero e la pantomima, facciamo il punto sulla fantomatica pista inglese, vecchia di 13 anni, parto della fantasia del sedicente Lupo Solitario.  Il 10 maggio dell’anno scorso Pietro Orlandi racconta a Sky Tg24 di avere consegnato alla magistratura vaticana una lettera, o meglio la fotocopia di “una lettera inedita” asseritamente scritta dall’Arcivescovo di Canterbury al cardinale Ugo Poletti nel 1993. Vale a dire dieci anni dopo la scomparsa di Emanuela, quando Poletti non era più Vicario del Papa, ma arciprete della basilica di S. Maria Maggiore.. Nella lettera c’è scritto quanto segue:

“Cara Eminenza, sapendo che sarà per qualche giorno qui a Londra, mi sento in dovere di invitarla a farmi visita nei prossimi giorni per discutere personalmente la situazione di Emanuela Orlandi di cui sono a conoscenza. Dopo anni di corrispondenza, penso sia giusto discutere di una situazione di tale importanza personalmente. Mi faccia sapere se può servirle un traduttore personale o se nel caso lo porterà con lei. Attendo la sua risposta nei prossimi giorni”.

Nonostante Pietro Orlandi dichiari a Sky TG24 “Ho motivo di credere che sia stata portata là. Di questa lettera ho abbastanza la certezza che sia autentica”, la lettera si rivela falsa. A parte l’inglese maccheronico, la perita grafologa forense Sara Cordella, specializzata in grafologia criminologica e docente di grafologia, appura che la firma dell’arcivescovo di Canterbury,  monsignor George Cantuar, al secolo Carey, è stata ricavata e copincollata da un altro documento a sua firma rintracciabile nel web con un motore di ricerca tipo Google.

Si tratta, per l’esattezza, di una lettera del 2016 di monsignor Carey al giornale Christian Today che tratta degli scandali sessuali nella Chiesa d’Inghilterra. Con quella lettera Carey si era rivolto al pubblico ministero che aveva accusato di abusi sessuali l’ex vescovo di Gloucester, monsignor Peter Ball.

Il falso a firma dell’arcivescovo di Canterbury appare un tentativo di avvalorare un altro documento, di cinque pagine, rivelatosi anch’esso falso. L’indirizzo londinese del mittente della lettera firmata dall’arcivescovo è infatti Clapham Road.

Nel 2017 il giornalista Emiliano Fittipaldi nel suo libro intitolato Gli impostori pubblica una lettera di cinque pagine datata marzo 1988 dal cardinale Lorenzo Antonetti ai monsignori Giovanni Battista Re e Jean-Louis Tauran contenente un “resoconto sommario delle spese sostenute dallo stato città del vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi”. 

Per 14 anni il Vaticano  avrebbe pagato “rette, vitto e alloggio”, “spese mediche e  “spostamenti” fino al 1997, quando l’ultima voce della nota spese parla di un  trasferimento in Vaticano e il ‘disbrigo delle pratiche finali”.

In quei fogli venivano menzionate anche le spese per “rette vitto e alloggio 176 Clapham Road Londra” (strada a volte citata erroneamente dai giornali come Chapman Road) per un totale di “500 milioni di euro”.

Cifra semplicemente assurda se non altro perché nel ’98 l’euro NON esisteva ancora. Al numero civico 176 e 170 di Clapham Road a Londra ci sono gli ingressi della palazzina in stile vittoiano color crema che funge da ostello femminile cattolico dei missionari Scalabriniani. Ostello che a tutt’oggi per 520 sterline al mese offre “sistemazione per ragazze studenti/lavoratrici a medio/lungo termine”.

Ma Pietro Orlandi non demorde. Domenica 4 febbraio dell’anno in corso, 2024, ospite del programma Verissimo di Canale 5, sfodera un’altra lettera, o meglio una fotocopia di lettera, questa volta spedita da monsignor Ugo Poletti, su carta intestata del Vicariato di Roma, a un sottosegretario del governo inglese. A dire dell’Orlandi la lettera dimostra che Emanuela ha vissuto a Londra fino al 1997 in un appartamento gestito dai Padri Scalabriniani e che, rimasta incinta, è stata costretta ad abortire.

Ma anche la nuova missiva si rivela essere un falso. La grafologa Sara Cordella dimostra infatti che anche la firma di Poletti è un copincolla di una sua missiva reperibile in rete.

In particolare le firme delle lettere esibite dall’Orlandi l’anno scorso e quest’anno si rivelano false perché contengono la stessa “intozzatura” delle firme degli stessi personaggi trovate in rete e copincollate. Poiché quando firmiamo la pressione della nostra mano durante la scrittura non è sempre la stessa, ma varia: perciò presenta uno o più tratti “calcati” più del resto.

Questo tipo di tratto più marcato nel gergo grafologico si chiama intozzatura. Ed è evidentemente impossibile che si presenti ogni volta nella stessa porzione delle firme, come invece risulta dai confronti delle firme delle lettere sbandierate da Pietro Orlandi con quelle reperibili in rete degli stessi firmatari.

Oltretutto nel ’93 Poletti non era più Vicario del Papa, motivo per cui è impossibile che abbia inviato una lettera su carta intestata dal Vicariato. Per tentare di aggirare l’ostacolo Pietro Orlandi ha raccontato con disinvoltura:

“Mi hanno detto che all’epoca, per documenti particolari, venivano inserite delle cose, per cui se fossero diventate pubbliche si poteva dire che era un falso”.

Strano però che l’asserito e strampalato accorgimento NON sia stato usato per le altre lettere e documenti pubblicizzati dall’Orlandi e da Fittipaldi. A Pietro Orlandi gli è “stato detto”: ma da chi? Mistero. Che resta tale perché nessuno, né giornalista né conduttore televisivo, osa far notare all’Orlandi le sue contraddizioni e le sue affermazioni un po’ lunari.

Come che sia, Pietro Orlandi sostiene che la lettera, o meglio la sua fotocopia “rivelata” a Verissimo gli è stata consegnata da un tizio – “vicino all’ambiente dei N.A.R.” (sigla del gruppo terrorista fascista Nuclei Armati Rivoluzionari) – che ha abitato per anni nell’appartamento di fronte a quello dove a suo dire viveva Emanuela.

Strano che questo tizio in tutti quegli anni non abbia mai avvertito le autorità inglesi, quelle italiane e neppure la famiglia Orlandi, che Emanuela sia trovava di fronte al suo appartamento. Strano anche che in tutti quegli anni Emanuela non sia sia mai fatta viva con nessuno dei suoi neppure con una semplice telefonata e che al tizio “vicino all’ambiente dei N. A. R.” non abbia mai chiesto di avvertire almeno i suoi.

A onor del vero, strano anche che Pietro Orlandi non abbia preso per il bavero il tizio in questione per avere sempre taciuto e non sia corso a denunciarlo. Ma tralasciamo. C’è infatti di peggio.

Infatti, come se non bastasse, di recente Pietro Orlandi ha esibito anche la foto, o meglio la fotocopia di una foto, di quello che a suo dire è il nastrino girocollo che Emanuela amava a volte portare. La foto, o meglio la sua fotocopia, mostra il palmo di una mano aperta che su tre dita – indice, medio e anulare – ha solo una porzione del girocollo. Già dal semplice guardare la foto, o meglio la sua fotocopia, appare evidente che il nastrino è troppo corto per poter essere un girocollo, si tratta semmai solo di un nastrino da portare al polso.

Inoltre il ricorrere alle fotocopie anziché agli originali, sia di foto che di lettere, è il modo classico per impedire che si possano fare perizie accurate. Ma la cosa più assurda è che Pietro Orlandi non ha battuto ciglio né mosso un dito quando il suo fornitore di fotocopie della asserita lettera di Poletti e dell’asserito nastrino girocollo gli ha raccontato di essere stato coinvolto anche nel “rapimento di Emanuela”.

Si usa dire che la pista inglese è nata nel 2017 con il libro di Fittipaldi e annessa nota spese per mantenere Emanuela a Londra. In realtà però, come ho raccontato a suo tempo, la pista inglese è nata il 16 giugno 2011 nel corso di una puntata del programma Metropolis di RomaUnoTV. Quella sera infatti un certo Giorgio Gastrini, abitante a Caravaggio, provincia di Bergamo, ha raccontato al telefono a Metropolis di essere stato uno 007 dei nostri servizi segreti militari ( all’epoca SISMI), col nome in codice Lupo Solitario, di essere stato presente al “rapimento” di Emanuela, al quale a suo dire hanno preso parte anche “agenti segreti inglesi” e che  “Emanuela Orlandi è viva e si trova in un manicomio a Londra”.

Erano ospiti in studio a Metropolis Pietro Orlandi e il giornalista del Corriere della Sera Fabrizio Peronaci per presentare il loro libro “Mia sorella Emanuela: voglio tutta la verità”.

Da notare che ai magistrati la conduttrice di Metropolis, Valentina Renzopaoli, ha dichiarato che a darle il numero di telefonino di Gastrini dicendole di chiamarlo è stato l’ospite Peronaci, che qualche minuto prima aveva telefonato allo stesso Gastrini.

Data la presenza dell’Orlandi, Gastrini ci ha anche tenuto a dirgli che se avesse scavato nelle attività di suo padre – Ercole Orlandi, commesso portalettere di Papa Wojtyla – avrebbe scoperto un brutto “giro di quattrini con la banca Antonveneta”. 

Che anche questo Lupo Solitario a Metropolis raccontasse fregnacce lo si capiva immediatamente da due particolari. Il primo è che a Londra i manicomi non esistono. Il secondo è che l’Antoneveneta è nata solo il 24 giugno 1996, cioè a dire 13 anni DOPO i fatti descritti dal fantasista di turno, il sedicente Lupo Solitario del Sismi.

Nove giorni dopo Gastrini a Tv7 del Tg ha dicharato:

“Ebbi un ruolo di supervisione nel rapimento, che fu effettuato dalla banda della Magliana. La ragazza salì in auto, la famosa Bmw, attirata da un finto prete. Poi, nel parcheggio di Villa Borghese, fu caricata nel bagagliaio di una Mini verde e portata in Inghilterra. Dove è tuttora. Rinchiusa in un manicomio”.

Dichiarazioni che gli hanno fruttato una condanna a sei mesi per simulazione di reato. Accusato anche di usurpazione di titolo, dato che NON è mai stato un agente del SISMI, si è evitato la relativa condanna solo perché tale reato nel frattempo è stato depenalizzato.

Spinto dalle “rivelazioni” di Gastrini, Pietro Orlandi si precipita a Londra e poi anche a Birmingham, accompagnato all’aeroporto di Fiumicino da una troupe di “Chi l’ha visto?”.  E quando il 22 giugno torna in Italia, poche ore prima della puntata di “Chi l’ha visto?” dedicata al suo blitz londinese,  pur non avendo trovato nulla di nulla rilascia dichiarazioni ottimistiche:

“Sono venuto molto scettico, per proteggermi dall’ennesima delusione, ma torno con uno spiraglio aperto e in attesa di altri riscontri ”.

Riscontri dei quali non si è saputo più nulla…. Anche perché nessuno in questo intervallo di 13 anni gli ha mai chiesto nulla in merito. Però sono arrivati i nuovi “riscontri” e le nuove “rivelazioni” delle lettere e della foto, o meglio dello loro fotocopie, gentilmente offerte dall’uomo “vicino ai N.A.R.”. Il quale, esattamente come Gastrini, racconta di essere stato coinvolto nel “rapimento” di Emanuela anche se con tutt’altro canovaccio.

Non c’è che dire: Londra evidentemente esercita un grande fascino su tutti gli affabulatori e “rivelatori” del mistero Orlandi. E si conferma così la famosa Swinging London.

 

Pino Nicotri

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