“Hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza. Non sei un terrorista. Devi farti forza. Non sei l’unico. Ci sono stati parecchi altri. Però ti devi laureare”. Sono alcune delle frasi che Nicola Turetta avrebbe detto al figlio Filippo, in carcere per l’omicidio di Giulia Cecchettin, durante il colloquio che assieme alla madre ha avuto il 3 dicembre scorso nel carcere di Verona. La conversazione, intercettata dagli investigatori e all’interno del fascicolo processuale, almeno così raccontano, è stata pubblicata dal settimanale Giallo e riportata oggi dal Corriere della Sera e da L’Arena di Verona.
“Non sei uno che ammazza le persone”, avrebbe insomma detto il padre di Filippo Turetta al figlio. Figlio, ripetiamo, in carcere per aver “ammazzato” Giulia Cecchettin. Quindi, caro padre di Filippo Turetta, Giulia non era una persona?
Si è trattato, raccontano i giornali, del primo incontro dei genitori con Turetta, dopo la sua cattura in Germania al termine della fuga dopo l’uccisione e l’abbandono del corpo di Giulia in un bosco in Friuli. Nel colloquio il ragazzo avrebbe chiesto al padre se fosse stato licenziato per colpa sua. dalle frasi di Nicola Turetta emergerebbe una sorta di tentativo di rincuorare il figlio: “Ci sono altri 200 femminicidi. Poi avrai i permessi per uscire, per andare al lavoro, la libertà condizionale. Non sei stato te, non ti devi dare colpe perché tu non potevi controllarti“. Poi gli chiede come si fossero comportati i magistrati con lui, e Filippo risponde “meglio di quello che mi aspettavo”. Il ragazzo poi avrebbe infine espresso il timore di essere lasciato dall’avvocato, Giovanni Caruso: “Magari non ce la faccio a riferirgli tutto, io non ho detto tutto”.
Eccola, quindi, durante il colloquio, tutta l’Italia nascosta che viene alla luce: “Ci sono altri 200 femminicidi. Poi avrai i permessi per uscire, per andare al lavoro, la libertà condizionale. Non sei stato te, non ti devi dare colpe perché tu non potevi controllarti”.
Questa è l’Italia di cui ci vantiamo di appartenere. Un Paese dove il padre di un ragazzo in carcere per aver ucciso l’ex fidanzata, dice al figlio: ma non ti preoccupare, ci sono stati altri 200 femminicidi, poi avrai i permessi per uscire, per andare al lavoro, la libertà condizionale, non ti devi dare colpe, non sei stato te.
Tutto, tristemente vero. L’Italia è esattamente questa roba qua.
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