Medioriente ancora in fiamme ma, almeno a Gaza, la “tregua è vicina” come dicono a Washington forse con eccessivo ottimismo. Anzi, senza forse. E’ vero che a Doha, capitale del Qatar, si starebbe mettendo a punto l’accordo di un “cessate il fuoco” da firmare poi al Cairo; ma è altrettanto vero che Bibi Netanyau, per cautelarsi contro i jihadisti nuovi padroni di Damasco, non molla di un centimetro. Anche mercoledì 18 ha ordinato raid aerei nel Nord della Striscia, sulla città di Beit Hanum, (35 mila abitanti e amministrata da Hamas). Solito bilancio di morti (4 civili) e numerosi feriti.
Bombardamenti anche nel sud del Libano. E questo mentre il direttore della Cia, il 64enne William Burns (curiosità: è nato nella base militare statunitense di Fort Liberty, Carolina del Nord) stava raggiungendo il tavolo dei negoziati di Doha, carico di speranze, fiducia, ottimismo e buoni propositi.
Intesa Israele-Hamas ancora lontana
Inutile nasconderlo: l’accordo tra Tel Aviv e i terroristi è difficile, complicato. Un dialogo tra sordi. Certo, le aspettative crescono ma anche le frenate. Le delusioni degli ultimi mesi invitano alla prudenza. Il punto è sempre lo stesso: Israele vuole la liberazione degli ostaggi rimasti vivi e poi ritirerebbe l’esercito; Hamas parla di negoziato “serio e positivo” ma prima di chiudere l’accordo “possibile” del cessate il fuoco, vogliono garanzie.
In sintesi: vogliono l’assicurazione che Israele non ponga nuove condizioni all’ultimo momento. Dunque la tregua resta un rebus. Oltretutto, a dar retta ad Al Jazeera (la tv finanziata dal governo del Qatar, sede centrale a Doha), Israele “si prepara ad attaccare lo Yemen”. Gli Houthi l’hanno già messo in conto. Ergo, il Medioriente ha ancora, per settimane, il suo calvario. Tra parentesi: il bilancio dei morti a Gaza è salito a quota 45.028 di cui 52 nelle ultime 24 ore.
Tregua a Natale?
Nonostante la tregua sia ancora in alto mare, non si è del tutto spenta la speranza. Insomma, un accordo è sempre possibile. Usa, Egitto e Qatar – i tre Paesi che conducono le laboriose trattative – ci stanno provando. Si è fatta largo in serata una ipotesi ragionevole: la tregua potrebbe iniziare per la festa ebraica di Hannukah che quest’anno coincide con il Natale, il 25 dicembre. Una festa che dura otto giorni. Poi i combattimenti riprenderebbero.
Le indiscrezioni dell’ultima ora sono maturate al Cairo. Qui, oggi si è recato Abu Mazen, il presidente della Autorità nazionale palestinese, il successore di Arafat. Indiscrezioni, si diceva, che parlano di un graduale ridimensionamento del conflitto “nei prossimi mesi”. Si vedrà.