Cronaca

Genova off limits: i carruggi in malinconico abbandono, chiude la chiesa della Maddalena, dilaga il fentanyl

A Genova, nella città vecchia, il profumo che resiste ancora è quello dei fritti di frisceu nelle botteghe storiche, affacciate sulla grande piazza Cavour insieme alla zaffate di frutta secca di Armanino, bottega stracolma di fichi secchi, datteri, prugne, noci, albicocche perfino mandarini essicati
Di fianco al mitico Lucarda, vetrina anni Cinquanta, livrea perfetta per uomini di mare, mozzi, ma anche comandanti, le magliette a strisce epocali, quelle del giugno Sessanta della rivolta anti Tambroni in Piazza De Ferrari, i giacconi blu da lupo di mare e gli abiti da lavoro per chi fatica sottocoperta.

Ma è come un piccolo avamposto nel lembo sud dei “caruggi” senza più la loro anima, questo immenso territorio di vicoli, chiese, portoni, palazzi o scintillanti ancora o in rovina e botteghe un po’ chiuse, sempre di più, un po’ ancora con la coda dei foresti fuori, in attesa per ore per assaggiare la “panera” di Buonafede, il gelato semifreddo di caffè.

Sulla grande scommessa di Genova del 1992, il rilancio del centro storico, sta calando la mannaia definitiva del destino avverso e nessuno se ne accorge: sta diventando la prateria più facile per gli spacciatori delle nuove droghe, il Rivotryl, il Fentanyl, droghe farmacologiche potentissime che si mescolano con crak e eroina, quello che usano anche i soldati sulla frontiera ucraina….per arrivare allo sballo definitivo prima di andare all’attacco. Li vendono come semplici pastiglie e centuplicano gli effetti prolungando la durata. Costano pochi euro.

La vecchia Genova ostaggio di senegalesi e latinos

Bande di senegalesi hanno in mano questo traffico, che ha ripreso il suo territorio dopo i tanti tentativi di resistere, di puntar sulla scoperta turistica di quello che veniva considerato il centro storico più grande d’Europa, che andava rilanciato vantando una a una le sue bellezze dall’anno di Colombo 1992, cinquecento anni dalla Scoperta dell’America in avanti.
Le chiese scrigno come Santa Maria di Castello con il suo Cristo nero e le vesti fruscianti dei frati domenicani e padre Enrico di Rovasenda, il nume del sant’Uffizio, che nella sua celletta genovese, vista sul chiostro, dispensava dottrina purissima, come voleva il suo papa, Paolo VI.

Come san Donato sotto la grande oasi di Piazza delle Erbe con i suoi magnifici affreschi, dove si celebrarono anche i funerali dell’ex camallo, diventato genio Tv, Arnaldo Bagnasco e quelli di don Antonio Balletto, il prete-santo che per primo dialogava con i mussulmani. Come le Vigne, oggi cattedrale dei sudamericani, grande basilica di bellezza incomparabile. Come san Siro, la vera ex cattedrale del tempo dei Dogi.

E alla fine, ma non del tutto, come la chiesa di santa Maria Maddalena, ultimo avamposto che si arrende all’urto degli spacciatori, alla guerra quotidiana tra i venditori di morte e le forze dell’ordine, mentre gli zoombie di oggi, i ragazzi e non solo fatti e strafatti di Fentanyl e di crak vagano come fantasmi anche di giorno, a cercare un angolo dove rifarsi o uno scalino dove sdraiarsi e “partire” per quell’altro mondo, il loro paradiso, che non ha niente a che fare con quello degli affreschi mirabolanti delle chiese a due passi, a due vicoli di distanza.

La Maddalena, una delle parrocchie-chiave, non solo dei “caruggi”, ma di Genova intesa con la sua geografia di confine tra lo sprofondo dei vicoli e la linea nobile di Via Garibaldi, dove si allineano i palazzi cinquecenteschi del potere civile ed economico e quelli delle grandi nobiltà, Doria, Pallavicino, Bruzzo, Lomellino, Cattaneo, chiude.

I padre Somaschi, che le reggevano dal 1577 per bolla di papa Gregorio XIII, dopo i frati teatini potentissimi che andarono a San Siro, non ce la fanno più e l’ ultimo parroco, una specie di angelo salvatore, padre Paolino, che ha come vicario padre Francisco Manuel Fernandez, torna nel grande collegio dei Somaschi a Nervi dagli Emiliani. Verrà a celebrare la Santa Messa la domenica, ma negli altri giorni questa chiesa, la cui porta era come una zattera di salvataggio, si chiude insieme ai chiostri e alle pertinenze di un avamposto cruciale.

Dove passeggiava Verdi ora gli spacciatori

Siamo a pochi metri dal caruggio dove gli spacciatori hanno vinto la loro battaglia campale, appunto la via della Maddalena. Qui il vecchio cronista può contare più di cento saracinesche chiuse definitivamente. Qui si è arreso definitivamente il tentativo di ripopolare almeno quel pezzo di centro storico, di salvarlo con le botteghe artigiane, con i nuovi mestieri, con i giovani esaltati di salvare la bellezza sprofondata che trovi scendendo dalla strada dei re, a duecento metri dal portone di palazzo Tursi, il cuore del Comune della Grande Genova, la casa del sindaco e i Palazzi Bianco e Rosso, i grandi musei civici donati dalla Duchessa di Galliera.

In mezzo la prostituzione dilaga, come nei secoli bui, pari pari, non è cambiato nulla, se non le razze delle ragazze che aspettano sulla porta. Fisici e razze inimmaginabili allora, oggi mescolate in questa Torre di Babele del sesso a pagamento.

Un tuffo nel buio dei caruggi, davanti al portone di Tursi, giù per il vicoBoccanegra, che già il nome dice… e sei nelle braccia del colore di pelle e di continente che preferisci.

Quasi un ritorno al recente passato. Dopo la guerra, per molti anni, agli angoli era impresso il divieto per i soldati americani di addentrarsi in quel labirinto: “Off limits”.

Altro che odore di frisceu, profumo di pesce fresco, mescolato al “REFRESCUME”, quel misto di umidità macajosa, sventagliate di scirocco carico, mix di sporco.

Qui è odore di sesso a basso costo, zaffate di essenze pesanti, che escono da quelli che a Napoli chiamano bassi e qui come?

Chiude la chiesa della Maddalena, gioiello di Genova antica

La Maddalena chiude e la rete di protezione, che arginava il nord dei caruggi, il loro confine con l’ombelico genovese si apre irrimediabilmente.

Certo resistono i coraggiosi anche a pochi passi, la gelateria di Profumo, giudicata la migliore d’Italia dal Gambero rosso, il corniciaio più bravo di Genova, piccole vedette in mezzo allo sciame degli spacciatori che inondano il mercato con gli ultimi ritovati , non solo il Revotryl e il Fentanyl, ma il protossido d’azoto, la cosidetta droga della risata, capace di provocare una euforia scatenata, una specie di follia. Una droga purtroppo già sbarcata in Europa e qua a Genova, che con il suo porto rovescia subito a terra i prodotti nuovi e dove li smercia se non in questa specie di mercato a cielo aperto, così accessibile, dove è facile arrivare e nascondersi e anche, se nel caso, scappare?

Ma la ritirata davanti all’invasione è sempre più evidente, non solo per i portoni storici della Chiesa della Maddalena, che chiudono. Per altri motivi che magari sono molto diversi da quelli della paura dello spaccio, calano per sempre le saracinesche di altri negozi chiave e il centro storico diventa sempre di più un cimitero al quale ogni giorno si aggiungono croci.

E non riapre chi ha chiuso come Klainguti, storico caffè pasticceria, nella ombelicale Piazza Campetto, dove scendeva a rifocillarsi Giuseppe Verdi, dopo le prove al Carlo Felice ed era diventato tanto assiduo che gli avevano dedicato Falstaff, un cocktail, servito fino a quando il bar di questo delizioso locale era rimasto aperto.

Il baluardo di Romanengo

E sembrava di trovare un’oasi, quando si arrivava a pochi passi da lì, davanti alle vetrine di Pietro Romanengo, una confetteria nata nel 1700 e che resiste, ora grazie anche a capitali americani, che ne hanno sposato lo stile inconfondibile, una delle bandiere zeneise per lo stile, la qualità,la persistenza di una tradizione.

Ma a dieci passi, forse qualcuno di più, a Canneto il Curto, uno dei vicoli “madre” dei caruggi, non solo per il nome e l’incrocio con Canneto il Lungo, che lo interseca perpendicolarmente, ha chiuso una delle più note botteghe per abiti da sposa e va be’ che oramai non ci si sposa più e semmai non in abito bianco e magari non in chiesa con tutti i crismi.

Ma questa diventa un’altra lapide come quella del grande negozio di tessuti in Campetto, la piazzetta con fontana dove si affaccia il Palazzo del Melograno, zeppo di storia e l’altro, dove una volta c’era la sede di Upim e ora uno stilista coraggioso, Piombo, ha rilanciato con un megastore di stile. Insomma bandiere bianche e atti di coraggio su e giù per questo mondo che non è neppure di mezzo, tra la Genova centrale e quella del Porto Antico, che aspetta dal 1992 la saldatura promessa, proprio attraverso il recupero dei caruggi. Che non c’è stata malgrado tutti i progetti,

Anche Marco Bucci, il neo presidente della Regione, ci si è schiantato con il suoprogetto delle cinque piazze da rilanciare per mettere punti fermi nel dilagare dello spaccio e del degrado.

Cerchi le cinque piazze nel dedalo sempre affascinante, dove, comunque, i turisti del nuovo overturismo girano cartina in mano e naso all’insù e trovi sprazzi di storia, ma anche, come dicono a Zena, cumuli di rumenta.

Per non finire sul bordo dal quale siamo partiti, la cintura dove il profumo dei frisceu e della frutta secca e del pesce ti può ancora inebriare.

Di colpo la scena diventa del tutto straniera a quelle radici gastronomiche e ambientali e trionfano i cinesi, i loro magazzini pieni di tutto e di più, accatastato senza fine, perfino intorno alla piazzetta di via Prè, dove una volta impazzava, anni Cinquanta Sessanta il mercatino storico che vendeva cioccolato svizzero allora proibito nei negozi, dadi da brodo introvabili in Italia, i primi blue-jeans,  preservativi e soprattutto sigarette di contrabbando, in un clima di proibito-tollerato.

Ora quel mercato si è spostato in chioschi di abiti usati, in faccia al Museo del Mare e lì c’è una deliziosa trattoria, dove quei profumi li senti ancora, sopratutto, quello delle acciughe. Ma è un’isola , anche rispetto alla soprastante via Prè, una volta la via centrale del centro storico, la main street, che aveva pure il suo sindaco, eletto vice sindaco. un boss buono, che risolveva qualsiasi problema e teneva il bordone ai poliziotti e ai contrabbandieri, ai finanzieri, in guerra permanente, ma con patti segreti tra di loro.

La strada, via Prè, dove i marinai americani, sbarcati dalle portaerei ormeggiate in rada perché nel Dopoguerra gli Usa avevano scelto Genova come porto base, che dentro non ci stavano, facevano la ronda con la divisa bianca d’estate e blu d’inverno, con la scritta PM o SP sul braccio e il manganello impugnato.

E quando c’era una rissa tra i loro commilitoni e i locali in qualche bar, tabarin, dai nomi altisonanti come Zanzibar e san Francisco, di quelli che allora pullulavano, al posto dei cinesi, intervenivano duri e spietati.

Certo allora non girava il Fentanyl o il Rivotril e gli spacciatori non si sapeva neppure cosa fossero. Lì si cercava il fumo americano, in quelle confezioni colorate e affascinanti, Pall Mall, Turmarc, Lucky Stryke, poi arrivarono le Marlboro, le Rhotmans, le Mercedes….. E si cercavano le donnine, che tutt’al più avevano l’accento napoletano, mentre ora chi ammicca nelle penombre dei caruggi parla la lingua melting pot del mondo globalizzato e viene prevalentemente dal Continente sud americano.

Forse ti puoi un po’ consolare se vai in via Del Campo, dove il marchese Giacomo Cattaneo Adorno ha trasformato il suo palazzo in un superhotel a cinque superstelle, sempre pieno di turisti mondiali. O ti puoi distrarre alla musica di Fabrizio. che ha il suo tempio proprio qua e che ti diffondono a cielo aperto e che chissà cosa avrebbe scritto oggi nei caruggi, che lo incantavano e ora hanno sapori, profumi, suoni e accenti tanto diversi.

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Franco Manzitti