Il caso di Giada Zanola, la 33enne bresciana gettata dal cavalcavia sull’autostrada A4 a Vigonza (Padova), ha preso una svolta decisiva con i risultati degli esami tossicologici, che hanno rilevato la presenza di grandi quantità di lorazepam nel suo corpo. Questo psicofarmaco, noto come Tavor, è lo stesso che è stato trovato nell’abitazione di Andrea Favaro, l’ex compagno della vittima e accusato del suo omicidio.
Favaro aveva inizialmente sostenuto che il farmaco fosse in casa perché lo assumeva per problemi di sonno, ma l’analisi dei suoi capelli ha rivelato che non c’era traccia di lorazepam nel suo organismo, smentendo così la sua versione dei fatti. Secondo gli investigatori, questo risultato supporta l’ipotesi che Favaro somministrasse segretamente il medicinale a Giada fin dall’aprile precedente all’omicidio, quando lei aveva deciso di lasciarlo per ricominciare una nuova vita con un altro uomo.
Questo dettaglio aggiunge peso all’accusa che l’uomo avesse pianificato l’omicidio con l’obiettivo di impedire che Zanola lo lasciasse definitivamente. Favaro, che è attualmente in custodia cautelare nel carcere di Padova, sembra quindi aver costruito un “castello di bugie”, che ora è crollato con la scoperta delle prove tossicologiche.
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