Proverbio cinese: il primo sassolino non sa nulla della frana. Occhio dunque al caso hacker scoppiato a Milano: per ora è un sassolino, la punta d’un iceberg, ma tutto lascia intendere che sia in arrivo la valanga. La centrale dei dossier è gonfia di misteri, a cominciare da un archivio di 800 mila persone spiate (compresi i vertici dello Stato) che alimentava “un gigantesco mercato di informazioni riservate”, come dicono la Procura di Milano e la Direzione distrettuale antimafia. Solo negli archivi del Viminale ci sono state 52 mila violazioni.
La “banda degli hacker” ha passato al setaccio politici, imprenditori, giornalisti, artisti. Al centro della inchiesta la società Equalize e la sua piattaforma “Beyond”. Le informazioni venivano carpite attraverso poliziotti e finanzieri in pensione o in attività, tecnici informatici e hacker, poi rivendute per finalità aziendali o familiari. Un profitto di 3 milioni. Sotto indagine una sessantina di persone con, per ora, cinque agli arresti domiciliari. Nella bufera tanti i nomi eccellenti. Già al lavoro il Copasir. Aperta la caccia alle talpe complici delle intrusioni dentro gli apparati. Siamo appunto solo agli inizi. Tuttavia alcune cose si possono già dire.
È importante. Finalmente il coperchio sul pentolone della corruzione e del malaffare è saltato. Ma se è importante che gli scandali avvengano, è altrettanto importante che vengano messi a frutto, che servano per rimediare. E per rimediare bisogna cominciare dal dire e capire tutta la verità. Per ora è emersa solo uno spicchio della parte dell’iceberg Milano. E come diceva Giovanni Sartori (27 maggio 1992): “Probabilmente lo scandalo è scoppiato a Milano proprio perché Milano è ancora la città meno inquinata, la città nella quale la catena delle omertà reciproche tra corruttori e corrotti teneva meno che altrove”. Lo scriveva ai tempi di Tangentopoli cioè 30 anni fa.
Il richiamo a Tangentopoli sta ricorrendo in queste ore. L’inchiesta che ha cambiato l’Italia forse per molti giovani è preistoria. Qualcosa di indefinito, vago, lontano come il Medio Evo o l’Andreottismo, ma per chi c’era Tangentopoli e l’attuale scandalo inevitabilmente è portato a collegarli. C’è assonanza.
In sintesi: Tangentopoli scoppiò il 17 febbraio 1992 quando Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivurzio, fu arrestato a Milano mentre intascava una tangente. Sembrava un sassolino. Poi è scesa la frana: arresti, suicidi, dimissione del governo Andreotti, dimissione del presidente della Repubblica Francesco Cossiga, Craxi nel mirino, dimissioni di Ministri ( De Lorenzo e Goria ). Tre danni d’inferno: fine della prima Repubblica, fine della Dc, ascesa della Lega e di Berlusconi. Uno sconquasso.
Sono passati 30 anni ma quella valanga è viva in molti ancora oggi. Ricordiamo i numeri: 3.200 persone indagate dal pool storico di PM; 1.281 le sentenze di condanna; 700 le posizioni processuali trasmesse nel corso degli anni in altre città; 498 gli assolti, 730 sono stati prescritti. Il “sassolino” Mario Chiesa ha annunciato la tempesta. Ora, 32 anni dopo, va in scena “Mani Pulite dell’informatica”. Tutto può succedere.
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