Polemica sul ristorante che nel menù ha deciso di mettere gli "spaghetti in camicia nera" (foto ANSA) - Blitz quotidiano
Venezia, terra di gondole, storia e grandi dibattiti culinari. L’ultimo caso? Un medico di Ravenna, indignato davanti a un piatto di spaghetti al nero di seppia, chiamati sul menù “in camicia nera”, si è alzato dal tavolo e ha denunciato pubblicamente la presenza di quello che, secondo lui, era un inaccettabile richiamo fascista nel menu del ristorante. Perché? Beh, il nero fa subito pensare a certe camicie storiche, e il medico non ha voluto nemmeno posare la forchetta prima di indignarsi. Forse non sapendo che in realtà il riferimento al fascismo era solo nella sua testa.
Come da manuale, appena il caso è esploso, è arrivata l’inevitabile condanna social. Il ristoratore finito nella bufera ha spiegato: “Non c’è alcun riferimento al fascismo, è semplicemente un piatto di spaghetti e il suo nome è così da quasi cinquant’anni. Sono spaghetti resi scuri dal sugo, come se fossero rivestiti da una normalissima camicia nera, tutto qua. Non voglio cambiare nome al piatto, perché dovrei farlo? È questione di libertà, se la do vinta a queste persone creo un precedente. Non c’è alcuna volontà politica dietro”. E infatti nessuno, fino ad ora, aveva trovato il piatto incriminato offensivo. Ma, si sa, i tempi cambiano e le indignazioni si aggiornano.
Nel mezzo della tempesta, ecco che arriva un colpo di scena. Marco Rosa Salva, ex presidente dell’Anpi e cultore di musica antica veneziana, svela che il nome “Spaghetti in camicia nera” è un’espressione esistita in più menù, probabilmente da decenni, senza che nessuno battesse ciglio. Non si sa se fosse nato durante il Ventennio, per propaganda, per goliardia o per una banale confusione con il termine tecnico “in camicia” (che in cucina si usa per l’aglio e le uova). Alla fine quindi non è ancora chiaro se il nome sia nato per tenere fede alle tradizioni culinarie oppure per pura, chiamiamola, goliardia.