Tomaso Trombetti è un ingegnere e professore universitario al Dicam, il dipartimento di Ingegneria civile, chimica, ambientale e dei materiale dell’Università di Bologna. Sabato scorso, il 19 ottobre, il professore, che abita dietro la chiesa di San Paolo al Ravone, ha fatto due calcoli e presto ha capito che il Ravone sarebbe esondato più o meno da quelle parti.
E così Trombelli prima ha spostato la macchina dal suo garage e poi ha iniziato a scavare nel suo giardino per fissare dei sacchi per proteggere la sua abitazione. E indovinate un po’? Il professore è riuscito nell’impresa. Tutt’intorno a lui, invece, acqua e fango ovunque. La storia è raccontata dal Corriere della Sera.
Le parole del professore
“Avevo fatto due conti – spiega al Corriere – e avevo immaginato che, se fosse arrivato un episodio grave di maltempo, il Ravone, che ha una strozzatura in fondo, in zona Saffi, che dopo l’alluvione del maggio 2023 è stata tappata all’altezza di quel negozio che aveva subìto così tanti danni, sarebbe esploso prima, cioè nella zona di via Andrea Costa e strade limitrofe. Il Ravone passa prima sotto via Sabotino e poi sotto via Saffi dove c’è una strettoia, ma se non esonda lì, dove vuoi che esondi, mi son detto. Era matematico, in base ai miei calcoli, che sarebbe successo il disastro in questa zona”
“Quando, in base all’andamento delle piogge che stavo monitorando, la situazione è sensibilmente peggiorata – continua – ho messo in salvo l’auto in un’altra zona e poi ho iniziato a riempire i sacchi che uso per lo sfalcio delle piante con la terra del mio giardino. Ho iniziato a scavare alle 18 e ho finito alle 22, facendomi aiutare dai miei figli, ma siamo riusciti a contenere il fiume che si stava riversando nella nostra strada. Ho salvato la mia casa, ma non ho fatto in tempo ad avvisare altre persone che ora mi addolora vedere in questa situazione”.
Ma non si potrebbe fare sempre così? “Serve, come dice il sindaco, uno studio ingegneristico che vada a mappare nel dettaglio tutto il percorso dei torrenti che scorrono sotto la città e vada sostanzialmente a vedere dove sono i colli di bottiglia, agendo su quelli. Pensiamo al Ravone: gli va dato un percorso per consentirgli di sfogare o gli vanno create delle casse di espansione, per esempio; se ci sono delle strozzature e le conosciamo, bisogna eliminarle, ma è una cosa molto complessa perché questi interventi devono essere compatibili con la forte urbanizzazione. Bisognerebbe creare nuovi canali…”.
Sarebbe possibile in Italia? “Il problema grosso sarebbe farli compatibili con la rete urbanizzata. Una volta all’università c’erano corsi specifici di costruzione idraulica, una branca che poi ha perso vigore per la mancanza di necessità, ma adesso con i fenomeni che abbiamo visto questo settore di studi andrebbe riscoperto anche a livello culturale”.
Qualche domanda. Ma perché in Italia non si fanno queste cose invece, per esempio, che perdere tempo con i progetti del ponte di Messina? Perché la politica italiana non parla di questi temi seri invece che perdere tempo dietro al nulla cosmico? Non chiediamo tanto: due calcoli, come quelli del professore.