“Tu sei una ragazza sporca, come tua madre, fai cose sporche, sei brutta e grassa, guardati”. Queste parole crudeli sono state pronunciate da un bambino di 12 anni a una compagna di scuola a Pescara. Per anni, la vittima è stata presa di mira con offese e insulti in qualsiasi momento della giornata. La scuola, purtroppo, non ha adottato nessuna misura per proteggerla dal bullo, il che ha portato alla condanna dell’istituto. La Corte d’appello dell’Aquila ha ordinato alla scuola di risarcire la bambina per i danni subiti.
Dopo aver fatto causa alla scuola, la somma ottenuta è stata di 60mila euro. Questa cifra è stata possibile grazie alle fondamentali testimonianze dei compagni di classe, che hanno contribuito a far emergere la verità sulla vicenda. Nel 2015, quando sono cominciati gli insulti, la bambina ha perso 20 kg e ha dovuto cambiare scuola, ripetendo l’anno. La punizione per il bullo è stata una sospensione di una settimana, una misura ritenuta insufficiente dai giudici per arginare i comportamenti vessatori del ragazzo.
Oggi, la ragazza ha 23 anni ed è riuscita a tornare a vivere grazie anche al sostegno psicologico ricevuto. La sua storia evidenzia l’importanza di adottare misure efficaci contro il bullismo scolastico e il ruolo cruciale del supporto psicologico nel processo di guarigione. Il caso di Pescara rimane un triste esempio di come la mancanza di intervento da parte delle istituzioni scolastiche possa avere gravi conseguenze sulla vita delle vittime. Tuttavia, la resilienza della giovane donna offre speranza e ispirazione a coloro che affrontano simili difficoltà.
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