Altro che rissa giudici-governo, conflitti di attibuzioni, scontri istituzionali, tentazioni autoritarie vs ottusi corporativismi, questa è ordinaria amministrazione nel rapporto fra poteri.
La pianta della malagiustizia può esibire oggi il suo volto meno rassicurante e più impermeabile alle contorsioni partitiche: la lentezza dei nostri tribunali nel risolvere le controversie. Vent’anni, per esempio, non sono bastati al nostro sistema giudiziario a stabilire se il fumo molesto esalante da un barbecue sia davvero molesto e se chi lo subisce abbia il diritto o meno a essere tutelato.
Dal Corriere Veneto apprendiamo che non è ancora risolta nelle aule giudiziarie dopo 20 anni una diatriba per il fumo di un barbecue tra vicini di casa. La Corte di Cassazione ha infatti rinviato alla Corte d’Appello di Venezia la causa tra due famiglie di Tavernelle di Sovizzo, in provincia di Vicenza.
Nel 2004 la famiglia Tonin si era rivolta al tribunale di Vicenza poiché infastidita dal fumo prodotto dal barbecue dei vicini di casa, a loro dire costruito troppo a ridosso del confine tra le due proprietà. Nel 2007 i giudici di primo grado avevano rigettato la domanda di demolizione del caminetto, non considerandolo “costruzione” e quindi non rientrante nelle norme urbanistiche degli edifici, intimando però la famiglia interessata, Cozza-Monterisi, a trovare un modo per diminuire il disagio.
La famiglia Tonin ha fatto ricorso in Appello, ma ha nuovamente perso, nel 2019.
La Suprema Corte, a cui in ultima istanza si sono rivolti i ricorrenti, ha disposto un nuovo processo in Appello accogliendo il ricorso dei Tonin poiché anche un caminetto va considerato “costruzione”. Dopo vent’anni si tornerà quindi in aula per adeguare una sentenza a questo principio.